Pubblichiamo intervento dell'ex allenatore dell'AlbinoLeffe Primavera Marco Gaburro, inviato nelle settimane scorse ad albinoleffenews.com e già pubblicato sul web da siti specializzati
>>Marco Gaburro
Laureato in Scienze Motorie e Allenatore Professionista di Seconda Categoria
Il calcio sta cambiando in maniera molto più veloce di quanto i tifosi non si possano rendere conto comodamente seduti in poltrona a gustarsi la tv a pagamento. In Italia finalmente sta, un po’ per caso e forse anche grazie a qualche intuizione volutamente poco pubblicizzata, per nascere una struttura piramidale della filiera giovanile. Non parlo della struttura dei campionati. Quella cambia ogni qualche anno, adesso prevede l'obiettivo di arrivare ad una C unica, in passato ha visto maggiori variazioni sui campionati dilettantistici d'elitè...Non è quella però a fare la vera differenza e a segnare un punto di svolta epocale. E nemmeno le tanto conclamate riforme dei campionati giovanili, che magari prevedano un'omologazione degli Allievi alla Primavera, innalzando il livello di competizione. Tutto questo riguarda la struttura dei tornei, che in se’, non basta. E' il percorso che ogni ragazzo fa all'interno della filiera del settore giovanile e che lo dovrebbe proiettare in prima squadra che fino ad oggi ha sempre trovato un ostacolo insormontabile e che sembra finalmente avviato verso uno spiraglio di soluzione. Di fatto è sempre mancato l'anello di congiunzione tra il settore giovanile e la prima squadra. E non mi riferisco ad una prima squadra generica... In ogni società, infatti, chi usciva o esce dalla Juniores di turno poteva accedere alla propria prima squadra più o meno preparato. Se si guarda però all'intero sistema, non è la società singola o il percorso singolo a fare la differenza. E' invece il sistema nazionale che dovrebbe permettere ai talenti di intraprendere il percorso ideale per farli arrivare all'elitè del calcio nazionale o internazionale. E fino a qualche anno fa tutte le società di A e B facevano molta fatica a piazzare in C i giocatori che uscivano dal loro settore giovanile, perchè le società minori "non ci sentivano" e insistevano con squadre "vecchie". 
Adesso gli ultimi ritocchi ai regolamenti della lega Pro che prevedono un nuovo metodo di assegnazione dei contributi e il definitivo ringiovanimento del campionato Primavera che scatterà dalla stagione 2012-2013 rappresentano cambiamenti epocali per il calcio nazionale. Di fatto avverrà quanto segue: 
- I giocatori in uscita dal campionato Primavera (quest'anno i 92 e 91, dalla stagione successiva i 93) avranno una grande richiesta dal campionato di Lega Pro. Richiesta molto più alta di quanto non avvenisse fino alla passata stagione, perchè il fatto che i contributi legati alla valorizzazione dei giovani siano ora strettamente vincolati alla presenza in campo di almeno due giocatori del 91 (o più giovani) in tutte le gare di campionato, di fatto rivoluziona il modo di allestire le rose e garantisce delle chance nei pro a quasi tutti i giocatori in uscita dal campionato Primavera. 
- Le società di A e B potranno vincolare con più tranquillità i talenti, con contratti anche di tre anni, senza il rischio che poi questi non trovino spazio tra i professionisti e quindi rimangano a carico delle società stesse, trasformandosi in costi 
- La gradualità delle competizioni sarà finalmente tale, perchè il passaggio dalla Primavera alla lega Pro e da quest'ultima alle serie A e B avverrà per i più dotati in pochi anni, con i giusti "tempi". 
Questo meccanismo, che va a tutelare le società di A e B e che di fatto fa comodo anche a quelle di lega Pro, che possono giustificare anche verso il pubblico un ringiovanimento degli organici (chi può permettersi con la crisi economica in corso di rinunciare ai contributi???), comporta ovviamente anche dei problemi correlati: 
1) In questa maniera cambia completamente la struttura dei campionati professionistici. Di conseguenza viene quasi a sparire la figura del giocatore di Serie C, quello che stava una vita in C e di fatto era un professionista. La struttura è molto più piramidale e veloce. La lega Pro diventa una categoria di passaggio. Tu sei giovane, esci da una Primavera, provi a fare il Pro per alcuni anni, se arrivi ad alto livello bene, altrimenti lascerai il posto ad altri giovani. 
2) A cascata peggiorerà il livello dei campionati dilettantistici, che hanno intrapreso da anni la politica dei giovani obbligatori. A mio avviso sarà però un problema momentaneo. Una volta che i giovani "dovranno" finire in lega Pro, che senso ha che "debbano" anche andare nei dilettanti? Cosa può giovare al sistema se non una riduzione dei costi? Tra qualche anno la serie D diventerà, come è giusto che sia, la serie A dei dilettanti e ridurrà la presenza di giovani obbligatoria. Dovrà diventare, insomma, un contenitore per quei giocatori non più giovanissimi (dai ventidue anni in su), che non troveranno più spazio nei campionati professionistici. Se la lega Pro prevede contributi per i ragazzi nati dall'91 in giù, nei dilettanti si potranno prevedere obblighi legati ai 90 o agli 89, non certo ai 93!!! 
3) Senza tanti obblighi più o meno contrastati dall'AIC in passato, la crisi economica ha finalmente aperto le porte alla riforma che tanto era necessaria al nostro calcio. Non tanto il campionato riserve di stile inglese o le seconde squadre come in Spagna. La soluzione migliore è stata (casualmente??) trovata in Italia. I giovani completano il percorso del settore giovanile nella filiera della propria società di A o B, vanno a farsi le ossa in C e quindi prendono una direzione verso l'alto o verso i dilettanti. 
I dubbi potrebbero però a questo punto sorgere... 
Ad esempio: questa struttura rende ancor più importanti i vivai delle squadre di serie A e B. Le società capiranno in fretta questa opportunità e responsabilità? Investiranno ancora di più nella selezione? Perchè il rischio concreto è che se non si "setaccia" bene in fase di selezione delle leve e successive scremature, si offra al sistema non il meglio dei talenti italiani ma un miscuglio di mediocrità e qualità. E la struttura "selettiva" che sta emergendo lascerebbe molte meno opportunità per rimediare. 
Secondo quesito: un simile ringiovanimento dei campionati di Lega Pro farà cambiare lo spessore delle competizioni stesse... E se tutti, anche solo per problemi economici, punteranno su giocatori giovani, potrebbe finire che la lega Pro diventi una sorta di dilazione del campionato Primavera, con giovani di qualità che giocano solo contro altri giovani, rimandando di fatto ancora una volta quell'occasione di maturazione che un torneo più "tosto" anche sul piano anagrafico-strutturale garantirebbe. 
Un ultima considerazione, di carattere etico: non si può dire con certezza, a oggi, se questa sia la strada giusta, ma sembra la prima vera occasione di riforma del percorso di maturazione dei talenti mai avvenuta in Italia negli ultimi decenni. La realtà dice che la crisi economica sta mettendo a dura prova le società professionistiche e l'intero mondo dilettantistico. Urge quindi una revisione del "sistema calcio" che preveda in fin dei conti che le società professionistiche (poche ma sane) ricoprano al meglio il loro ruolo, investendo sulle strutture e sui vivai e diventino riferimento per l'intero territorio e che quelle dilettantistiche tornino a fare i dilettanti. A cascata i calciatori dovranno capire che non si può vivacchiare di calcio, come si è fatto fino a qualche anno fa. Chi è un talento può arrivare a fare del calcio la propria professione, arrivando a giocare in serie A o B. Chi non ha i mezzi per fare questo salto dovrà cercare di inserirsi nella società ad un'età adeguata (ventiquattro, ventisei anni, non trentacinque), trovarsi un lavoro e integrare tale lavoro con un calcio giocato a livello dilettantistico (anche semiprofessionistico, per dirla all'antica) che permetta al gioco del calcio di mantenere una veste idonea a quanto la società civile di fatto gli va chiedendo.
Il tempo delle vacche grasse è terminato e questo va capito in fretta dalle società, dai tifosi, dall'associazione calciatori e dai calciatori stessi. E'il sistema che si deve adeguare alla società e alle sue regole, non viceversa.