Ormai diverrà tappa fissa...
El batimuro (Roma-Siena 1-1)
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Kansas City 1927 il giorno venerdì 23 settembre 2011 alle ore 16.19

I  turni infrasettimanali, è cosa risaputa, er cielo (Sky) l'ha creati pe  sovvertì pronostici, arterà bioritmi, interompe serie, scardinà certezze  e scassà er cazzo a chi, pe corpa der vecchio adagio per cui ubi maior  il resto resta ar cesso, mprogetto de vita che prescinda da Luigi Enrico  nun riesce più a abbozzallo, e vedé cari e parenti, a meno che non sia  allo sssadio o davanti alla tv, diventa impresa più ardua del recupero  de Lamela.
 
Ecco, partimo da qua, da quella che, ormai se  po’ rompe er velo der silenzio, rischia de esse la vera sòla de  quest’anno. Sarà corpa dell'under 20 argentina contro cui a luglio se  semo ritrovati tutti a tifà (che pe noi fasse novi nemici è ninezia),  sarà per corpa der fatto che quelli che non dovevano fa rimpiange  assenze se so mossi fin qui come se avessero le caviglie della pora Sora  Lella, de sto rigazzo i gufi rumoreggiano già come der novo Van Basten,  che prima de fasse rimpiagne era diventato comunque Van Basten. Speramo  nsia così, che un progetto innovativo e visionario senza ntocco de  Eppol nse po raccontà, ma facessero in fretta. E il prossimo che vole  annà in nazionale le caviglie le lascia a Trigoria, strisciasse, se  facesse trascinà, volasse, se nventasse quarcosa, a noi non ce  interessa.
 
E' anche co sto cruccio che er tifoso romanista  lascia luoghi di lavoro e disoccupazione e nonostante je se fossero  liberati già ad agosto un sacco de giovedì, aripia la sciarpa de lana e  va. Allo ssadio, forsanche pe corpa der Novara che c'ha fatto capì er  valore vero der pareggiotto milanese, semo pochini però boni, visto che  in tribuna ce sta er Presidente americano reduce dar turdefors pe  campidojo e campi de frumento dove un ber dì er progetto, qualunque cosa  sia er progetto quer dì, metterà nove fondamenta.
 
Ma per  Luigi Enrico è ahora quel el pueblo se alza en la lucha, e per luchar  pare nse possa fa a meno de Perotta terzino destro de contenimento e de  Osvardo centravanti sinistro de ostentamento, con buona pace de Rosi e  Cassetti lasciati a casa, de Sisigno, Borini e Bojan in panca, e de  tutti noi storditi che un progetto con Perotta l'avevamo effettivamente  fatto, ma quanno er muro de Berlino stava ancora in piedi. Sia chiaro,  ar pormone calabro nje se po dì gnente, anzi, je se tributa sempre er  rispetto dovuto a un grande campione der monnonfame sempre titolare nse  sa come pure in Germagna. E tuttavia cotanto titolo non è più da anni  ragione sufficiente per schierare Bruno Conti (uno che comunque cor  chiticaca e sti ritmi ce potrebbe ancora tornà nsacco utile), nse  capisce perché incaponisse così co Perotta snaturarndojene per giunta la  già bizzarra natura. Ma tant'è, nonostante a distanza de 5 giorni se  sia svalutato più de na banca greca, vogliamo fa comunque affidamento  emotivo sul pareggio de Milano, dove la formazione era quella che era: e  allora gridiamo sti nomi ar cielo dell'Olimpico, compreso Perrotta  terzino, compreso quello de Osvardo, pure se a gridallo te viè da ride,  che sembra che stai a fa er tifo pe namico tuo più bello de te che nse  sa come sta a giocà co la Roma.
 
Se comincia e, che se lo  dimo a fa, è subito posesiòn, subito preziosa percentuale che lievita,  subito trama che diventa più prevedibile de quella den cinepanettone,  però senza zinne, culi, rutti e scuregge, quindi più pallosa. Al  subentrar della noia er gerarca nazista Simon Kjaer dispensa ordine e  disciplina imponendo la ferrea rappresaglia: pe ogni minuto che tengono  il pallone loro, lo tenemo dieci minuti noi. E non inganni il fatto che  il minuto loro finisce sempre co un tiro e i dieci nostri co na  bestemmia.
 
La speranza, a fine campionato, è che  l'antidoping ce renda giustizia. Perché che tu sia Siena o Cagliari,  Inter o Bratislava, pe resiste da avversario, e quindi da spettatore  pagato ma di fatto poco più partecipe de chi c'ha er telecomanno in  mano, alla sfiancante, sfibrante, innocua, mortifera, sterile, oziosa,  inane (e co inane amo finito i sinonimi) trama de passaggetti moviolati  giallorossi, te devi esse calato svariati eccitanti. E però, forse  perché Zeman non è mai preso troppo sur serio quanno parla de farmacie,  fin qui hanno retto tutti. E se reggono de solito so cazzi.
Il  primo a regge, per fortuna, è il pallavolista mimetico rumeno che de  verde vestito genera costantemente  l’illusione ottica della porta  vuota. Sebbene spiazzato da un attacco de testa e non de schiacciata,  egli si oppone a pugno chiuso e corpo dinoccolato. Lo stile è quello che  è ma, considerato che è quello de nartro sport, guardiamo solo al  risultato, e  il risultato è che stamo ancora zero a zero: ma non per  molto.
 
Perchè quando i sospiri de insofferenza so ormai  bronchiti asmatiche, quando tutto il resto è ormai noia, quando le palle  de 35mila spettatori (donne comprese) so cascate talmente in basso da  costituì un serio ostacolo alla deambulazione tra un seggiolino e  l’altro, succede l’insuccedibile. Quanno er 16, violando il protocollo  der chiticaca, sventaglia pe un finora timidino Jose Angel, e quando il  finora timidino se stimidizza pe nattimo e fa il dribbling che gli  stessi 35mila de cui sopra je stanno a chiede da mezzora pe poi mettela  in mezzo, il battimuro irrompe con tutta la sua carica nostalgica nella  Serie A Tim. Perchè quando Borriello raccoglie la palla co no stacco de  coscia degno della miglior Heather Parisi e alza lo sguardo, non è un  compagno quello che vede appostato sul secondo palo, ma un muretto co na  cipolla appoggiata sopra, ed è per questo che non fa un assist, e manco  un tiro sbajato, ma indossati i panni dello Scuro, calcola con  neutrinica zichichica precisione la traiettoria necessaria al balòn a  sbatteje addosso e finì dentro a sta cazzo de porta. Quello, er muro,  Osvardo, manco a dillo, nse move, e finalmente, incredibilmente, co  l’occhi rossi e le vene cariche, anche noi, quelli che s’erano scordati  com’è fatta na rete gonfia, liberati dall’incantesimo possiamo infine  strillà “Gòòòòòòòòòòòòò!”. E siamo tarmente contenti e cojonati che  tutti reggiamo er gioco allo speaker dell’Olimpico, che invece de quello  der marcatore ce dice er nome de battesimo der muretto a secco, e per  tre volte rispondiamo ruggendo come micetti inferociti: “Osvardo!”. Un  grido liberatorio al quale, passati 10 secondi segue quello nostro de  Kansas che profetici urlamo: “Levalo!”. Ma la scucchia che indica la  strada a quanto pare funge anche da fonoisolante, e er sospiro der  popolo gemente non giunge alle recchie der puntuto treinador,  apparentemente impermeabile alle possibili valli di lacrime.
 
Anzi,  tanto è lo sfregio ar buon senso, che er centravanti più forte dei tre  schierati fa er terzino e er mediano, quasi dovesse dimostrà a ogni  partita che pure se Luigi Enrico sa cità i classici a memoria, resta  importante distingue un ramo da na foglia prima che la sua scienza crei  l’ignoranza. Er pubblico capisce lo sforzo der Capitano avvolto su un  tabellone dopo un recupero degno de Annoni, lo incita, lo applaude, lo  osanna come manco dopo un cucchiaio e guardando Luigi Enrico pensa “tu  castighi i figli in maniera esemplare, poi dici siamo liberi, nessuno  deve giudicare, pigro ce sarai tu e tre quarti dell’Asturia tua!” E  comunque se va a riposo in vantaggio, co la paura de dì anche mezza  parola, ma co l’intima convinzione che forse, sempre cercando con vigore  le chiavi in tasca, è la vorta bona. Ma evidentemente ste chiavi stanno  troppo in superficie, e l’unica loro utilità sarà quella de spalancà,  di lì a poco, le porte dela difesa nostra.
 
Quando se  rientra nulla muta. Perotta caracolla stanco e leso nelle membra ar  punto da chiede er cambio co Sisigno. Boriello invece, pur de non fasse  cambià, giocherebbe a battimuro cor Cipolla pe tutta la vita, ma Luigi  Enrico è omo senza core e mette dentro uno che core, Nascar Borini. Er  problema però, co sto gioco nostro, è che dar momento in cui er  giocatore è pronto a entrà a quando poi entra davero, a causa dela  posesiòn de cui sopra, passa armeno un quarto d’ora, col risultato de fa  morì definitivamente l’infortunato da cambià e de rende inutilizzabile  causa sfinimento er sostituto a bordo campo, che quando entra è già a un  passo dal chiede er cambio pe crampi. Se poi se considera che l’unico  ricordo marchiato a fuoco da Sisigno nella memoria nostra è er tatuaggio  der logo der prosciutto de Parma sur collo, c’è poco da stupisse se di  lì a poco rimpiangeremo non solo Perotta sciancato, ma financo Rosi (de  Cassetti pare irrispettoso pure solo fanne er nome in questo  ragionamento).
 
Col pasar de los minutos la posesiòn  aumenta de pari passo all’ossesiòn der tifoso de pià er gò, gò che culo  nostro, imprecisione artrui e il reich danese impediscono se  materializzi fino a 3 minuti dala fine, allorché Messibrienza se iscrive  ar campionato de battimuro, pia er palo e fa carambolà er balòn su tal  Vitiello. Costui s’allunga e inevitabilmente insacca, mettendose ultimo  dietro El Kabir nell’interminabile coda de coloro che un domani  mostreranno ai nipoti le vestigia dell’Olimpico raccontando cor groppo  in gola: “o vedi sto posto antico e abbandonato? Qua dentro nonno tuo ha  vissuto er giorno più bello della vita sua”.
 
Rabbia  sconforto e scoramento avvorgono l’avvorgente trama de passaggi che  sospinti da un pubblico mai così maturo e cojonato provano per inerzia a  prende in considerazione la porta altrui. Ma a parte na cipollata de  poco fuori misura, null’altro meriterà menzione se non un evento più  unico che raro. Più o meno a un minuto dala fine, per accidente del caso  la palla giunge ai limiti dell’area sul piede destro de Gago. La palla è  lì, monella innanzi a lui, e sembra non aspettarsi altro che Lady  divenga Mister, e virilmente vìoli l’altrui pertugio. Il pubblico non  crede ai suoi occhi, e invece di urlare ognuno il cazzo che je pare come  sempre giustamente avviene, all’unisono, come un sol uomo, con voce  tonante e de gigante gridanto “adelante!” pronuncia urlando la stessa  identica parola: “TIIIIIIRAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA”. Na cosa  impressionante. Mai sentita prima in uno stadio. Tanto impressionante  che er poro Gago perde la coordinazione, non tira, inciampa. E la  partita finisce.
 
Quando eravamo rigazzini e volevamo er  motorino, mamma ce diceva: “sì ma voio vedè almeno a media der sette”.  Poi diventava: “sì ma vojo vedè almeno un sette”, che presto si  tramutava in un “sì ma almeno te devono promove”, per poi sbracare  definitivamente in un “sì ma voio almeno che te impegni”. Ecco, noi amo  compresso l’anno scolastico in dù mesi, e pure se stamo pe vortà le  spalle definitivamente alla concessionaria, semo ancora disposti a  comprajelo sto motorino. Er problema è che mamma, se le cose annavano  male, se la piava co noi. Noi invece, come ormai fanno tutti i genitori  de nova generazione, se stamo pe accanì quasi solo cor maestro. Siccome  la verità sta nel medio, prima de mostrasselo a vicenda, sarebbe er caso  de comincià da Parma a dimostrà che la classe, dar bidello ar preside,  non fa acqua come sembra. Sennò altro che motorino, quest’anno se lo  ponno fa pure tutto a piedi.