
Originariamente Scritto da
aed1248
Un discreto articolo da la Repubblica.
La Repubblica - Il sorpasso c’è già stato, e non ce ne siamo accorti. Ora la Germania sta solo cercando di finire il lavoro. Sul campo. Coi gol. Sotto gli occhi di tutti. Per soffiare all’Italia il privilegio della quarta squadra iscritta in Champions. È in vantaggio per le coppe del 2012; e per quelle del 2011 tira una brutta aria. Dipende da quanta strada faranno ancora Fiorentina e Bayern, Milan e Stoccarda, Juve e Werder Brema. E nell’attesa i tedeschi si divertono di più, incassano di più e portano più bambini allo stadio. Überholen, dicono loro: sì, ci hanno superato. Con bilanci sani, partite incerte e impianti nuovi, quelli costruiti per il mondiale. Hanno preso un grigio campionato senza stelle e l’hanno trasformato in un modello da studiare, togliendosi prima la soddisfazione di soffiare agli italiani i campioni del mondo (Toni, Barzagli, Zaccardo) e poi di spingerli a svenarsi per comprare gli stranieri scoperti da loro (ieri Diego, domani Dzeko). Nel quarantesimo anniversario dell’Azteca, il 4-3, Rivera e utto il resto; a quattro anni dalle notti di Berlino, l’Italia nuota nei ricordi e i tedeschi hanno pensato a costruire la rivincita. È la foto di due popoli. La recessione è scivolata addosso al loro calcio senza intaccare né cifre né ottimismo. Uno studio dei revisori di bilanci Ernst & Young racconta che 3 presidenti su 4 si aspettano un ulteriore aumento del fatturato nei prossimi 5 anni. Galliani lo chiama un «fattore incontrovertibile », ma a questo fattore la Bundesliga è arrivata con la severità nei conti. Senza lussureggiare. L’Uefa l’ha confermato pochi giorni fa: la Bundesliga è il torneo meno indebitato, con 610 milioni. Tanti? La serie A è a 2 miliardi, l’Inghilterra a 3 e mezzo. Le attività commerciali portano una media di 79 milioni a ogni squadra. Solo in Premier ne arrivano di più. Ed è merito anche dei diritti tv venduti in 22 Paesi e gestiti dalla lega in maniera collettiva: il 50% diviso a tutti in parti uguali, l’altra metà in base ai risultati. Ovvio che proprio in Germania siano i più d siderosi di vedere introdotto il fair play finanziario che sta a cuore a Platini. Oliver Bierhoff, ex centravanti di Udinese e Milan, oggi team manager della nazionale tedesca, ha confessato al quotidiano finanziario “Handelsblatt” il suo sostegno alla politica di riduzione degli stipendi. «Gli investitori sborsano milioni dai patrimoni personali e non è bello quando in un campionato c’è solo una grande squadra che può pagare tanto». Non è bello per chi guarda, non è utile a nessuno. Se la Bundesliga ha più appeal rispetto alla serie A, lo deve proprio all’equilibrio. Tre squadre diverse hanno vinto il campionato negli ultimi 3 anni (Stoccarda, Bayern e Wolfsburg) e 5 negli ultimi 8. Più incertezza significa più città coinvolte, più interesse, più denaro. La vecchia regola cara alla Nba. E in Germania, quest’anno, gli sponsor spendono quasi 150 milioni per mettere i loro marchi sulle maglie delle squadre. Ma non è una corsa al denaro. I biglietti d’ingresso allo stadio hanno costi fra i più bassi d’Europa. Un bbonamento nel settore più economico s’aggira in media sui 100 euro. Così come le trasferte sono fra le più sicure. Molti club le organizzano direttamente con bus o treni sorvegliati dagli steward, senza che si debba pagare chissà quanto. Così, allo stadio vanno le famiglie. Quelli che si vinca o si perda, alla fine conta poco. La squadra che più ha visto crescere il proprio numero di tifosi (+44%) è il Friburgo, penultimo; quella con la media spettatori più alta è il Borussia Dortmund, che nel ‘97 festeggiava una Champions e nel 2005 stava per fallire. È una grande in disgrazia, non vince il titolo dal 2002, eppure porta allo stadio 76mila persone a partita. L’intera Bundesliga viaggia sui 42mila di media, contro i nostri 24 mila, mentre alla voce ricavi i club tedeschi sono davanti dal 2007. Se questo non è un sorpasso.