Segnalo questo articolo de La Stampa che mi era sfuggito, sempre su murigno
Mi auguro che Gigli spieghi al più presto a Cobolli cosa significa «prostituzione intellettuale», la pistola fumante impugnata da José Mourinho, martedì ad Appiano (poco) Gentile. L’allenatore «portoinglese» ha confermato di essere un genio assoluto. Personalmente, mi piacque di più nella versione hard del dopo Bergamo (Inter surclassata), quando spioni di fiducia soffiarono alla giornalista Laura Alari il nocciolo di un’intemerata da caserma: siete una squadra di m... uno scudetto lo avete vinto in segreterìa, un altro perché non c’era nessuno, il terzo all’ultima giornata». Si riferiva alla gestione Mancini: i tifosi juventini lo adottarono a distanza, vista la classifica, e per sempre, visto Ranieri.
Mourinho ha capito in che razza di Paese è capitato e ci tratta giustamente da schiavi. Gli facciamo schifo a tal punto che, un giorno, corresse un cronista che gli attribuiva «soltanto» nove milioni di euro l’anno: sbagliato, prendo molto di più. Su Inter-Roma - o meglio: partendo dalle recensioni della partita - ha dato il massimo. Già a Sky, domenica notte, aveva parato il rigore su Balotelli, che noi «prostituti» non avevamo colto, con l’impatto fra Baptista e Cambiasso, alcova della rete di Brighi, trasformando un topolino in una montagna. E noi, zitti. Quando allenava il Chelsea, gli annullarono un gol in casa. Aveva ragione, non c’era fuorigioco: si fece passare dall’assistente la lavagna-monitor e la mostrò, furibondo, al quarto uomo. Fu amabilmente mandato a quel paese e i tifosi, lungi dallo scendere in piazza al suo fianco, si limitarono a un sorrisino di solidarietà.
Grande, grandissimo Mourinho. Mentre Cobolli dice di non capire, José adesca i mister di Catania, Atalanta, Fiorentina e Torino, citando i furti della Juventus mentre, di suo, ammette solo il gol di Maicon a Siena. Troppo buono. Non pago, ma pagatissimo, bacchetta Roma e Milan, non senza plausibili argomenti: perché, sé è vero che già con Mancini la Roma non era stata proprio fortunata a San Siro (e non solo lì), è vero, altresì, che quando fra Roma, Juventus, Milan e Inter, i carnefici cambiano ma la vittima resta sempre lei, la Roma, qualche sospetto dovrebbe venire pure ai talebani della curva Sud: se gli altri sono ladri, noi cosa siamo? Per tacere del Milan, poveraccio. Adriano gli ha stampato in faccia un gol di mano e Mourinho rammenta al volo la bellezza del museo di Milanello, fingendo di non capire perché il gerontocomio di Ancelotti sia così lontano dall’Inter da dover affittare Beckham.
Only you, Mou. Sui buuuh razzisti indirizzati a Balotelli, ha tutte le ragioni del mondo (e chi scrive, avendo parlato soltanto di reazione sbagliata, alza il braccio); in compenso, un Paese normale gli avrebbe riso in faccia quando, per non smentire Moratti, ha giustificato il tuffo del rigore. Se fossi nel procuratore Palazzi, non lo deferireri perché la sua requisitoria - sua di lui - costituisce il riassunto dell’eredità di Calciopoli, la gerarchia del campo determinata (anche) dalla graduatoria dei favori, come José ben sa ma non può confermare, perché la cultura del sospetto è uno zingaro e va (e torna). Non tutti, per fortuna, hanno l’anello al naso. Dietro l’arringa di Mourinho si nasconde la paura fottuta di perdere uno scudetto già vinto. Impresa impossibile: l’Inter è più forte e, nel dubbio, le terne si regolano in quel modo lì. Come con la Juve, come con il Milan. Ma con uno zelo, come dire?, più raffinato. E come, sia detto senza secondi o terzi fini, con la Roma e con la Fiorentina nei confronti del gruppo (non ci credete? fate un giro al Genoa e informatevi). La linea di confine è Old Trafford. Sarà la notte dell’11 marzo a fissare la statura di Mourinho e della sua Inter. Basta l’1-1, che è una signora vetta ma non l’Everest. Per questo, Mourinho scalpita e frigge. Per questo, ne ha per tutti. Non un cenno al suo ultimissimo Porto, quello pizzicato in un illecito, escluso dalla Champions League e poi ripescato: Michel Platini non l’ha mandata giù. L’astio mascherato di Mourinho, e l’elenco dei favori pro Inter, artisticamente allontanati dalla memoria, rendono ancora più attuale, e devastante, la «pirlaggine» di Luciano Moggi, che per avere gli stessi aiutini o aiutoni, distribuiva schede e condizionava i designatori. Ma si può? Adesso che il calcio è puro, Moratti un santo, e Moggi un martire, l’indignato Mourinho ha tutto gratis. Senza sollevare la cornetta. Senza disturbare Tavaroli. Senza piangere da Marco Tronchetti Provera. Lucianone, perché l’hai fatto? Ah, se avessi conosciuto prima Mourinho...
Sette minuti di crociata anti prostituzione: più o meno il tempo che Ranieri, quando riesce a piantare l’adorato Spalletti, concede ai giocatori che entrano. Naturalmente, domande zero. Mica scemo, Mou. Mi auguro che l’ordine dei giornalisti non lo censuri. In fin dei conti, ci ha detto quello che siamo: delle puttane. Magari avrebbe potuto aggiungere che, quando la moviola gli fa comodo, esempio: il rosso diretto di Muntari a Catania, ci «esce» anche lui, ma non si può avere tutto dalla vita. Soprattutto se è una vita di schiavi (dai giornali: Del Piero deve giocare, Totti deve giocare eccetera eccetera. Deve, perché?).