
Originariamente Scritto da
ingegnerlillo
Riporto un bell'articolo di Benedetto Ferrara sul saluto a Prandelli:
Gli occhi puntano il domani. La mano saluta il passato. Le gambe oltrepassano il confine e il cuore le raggiungerà alla svelta. Un attimo, però. Il sentimento non è pura meccanica. Serve una pausa. A occhi chiusi, prima di ripartire. Pochi attimi. E adesso è silenzio. E c´è un pomeriggio freddo che non somiglia a niente di già vissuto. Nessuno può dire cosa sia. Cuori che battono e rose bianche lanciate sul verde del campo. Un fuoco nel gelo, un abbraccio nella solitudine, una ballata che buca il silenzio per unire un uomo a una città.
In quel giorno di grande empatia Firenze si scoprì famiglia di un tipo dall´accento padano coi capelli tirati indietro dal gel. Uno ambizioso e per bene. Uno di quelli che due più due deve far quattro. Uno di quelli che l´arroganza no grazie e poi, soldi o non soldi, nella vita si può ancora e sempre imparare. Uno di quelli permalosi e umorali. Uno di quelli che gli leggi tutto in faccia ma che davanti a una telecamera ti farà fare sempre bella figura. Cesare Prandelli era l´uomo giusto per i fratelli Della Valle, per la Fiorentina e per Firenze, che aveva bisogno di amare ed essere amata come si deve. E così è stato, per quattro anni e mezzo diversi da tutto, anni di sogni a portata di mano, delusioni da inghiottire, ripartenze veloci e orgogliose, sporche ingiustizie che ancora gridano vendetta. Cesare Prandelli di sicuro è stato più di quello che avrebbe voluto essere. In fondo lui è solo un allenatore. Ma la sua storia fiorentina ha detto molto di più, andando oltre i suoi meriti e trasformando l´antica figura del tecnico, uomo destinato per contratto a passare dalla gogna all´altare da una settimana all´altra, in una specie di amico di famiglia e di esempio morale, di bandiera dei "buoni" costretti a vivere in un mondo di furbi. Con quel sorrisone un po´ timido e quella voglia di sdrammatizzare le angosce di un calcio malato di avidità, il signor Prandelli a un certo punto è diventato intoccabile. Qualcosa di strano e di magico. Nessuno come lui. Né il mistico Terim, né l´introverso Malesani, uomini amati per il loro coraggio. Ma Prandelli non solo salutava la curva con pugni alzati al cielo, ma conquistava i cuori con la serietà del lavoro, mettendo fatica e passione sul campo e la faccia là dove, per nobili cause, c´era bisogno di lui. Questa incredibile forza comunicativa di un uomo timido che mediaticamente può stare al geniale Mourinho come un boy scout in una rissa sull´isola dei famosi, ha ribaltato la logica dei media e dei bar, costringendo anche i più critici ad una introduzione standard prima di ogni sentenza. "Certo, come persona Prandelli non si discute... ma secondo me ha sbagliato i cambi...». Buffo. E anche normale. Prandelli era diventato "perfetto" senza esserlo e suo malgrado. E quando il "perfetto" sbaglia o perde, il "perfetto" cadrà sulla terra dei normali, dove lo aspettano tutti quelli che non vedono l´ora di dire ciò che pensano davvero di lui, cioè quello che prima dicevano solo alle sue spalle. Storie di uomini. Fraseggi della vita. Ma la verità di questo fenomeno non sta in una perfezione che, per definizione, non esiste. La verità va cercata solo nei momenti vissuti insieme. Da quel minuto di silenzio intorno al dolore, al grido liberatorio di Anfield. Dai gol di un Toni incontenibile, alla riscossa di una squadra capace di guarire dalle fatiche di calciopoli con orgoglio e rabbia. E anche nei momenti sbagliati, quando la Fiorentina spariva ma tu in fondo in fondo avevi sempre l´impressione che era possibile ricominciare, che la reazione sarebbe arrivata.
Naturalmente, Prandelli i suoi errori li ha fatti. La testardaggine fa parte del suo Dna. E poi lui stesso sa che, fatti i conti, non ha ancora vinto niente. Per chi fa il suo lavoro a certi livelli questo è un limite, un limite che adesso cercherà di oltrepassare con un altro colore addosso ma col cuore legato per sempre a una città che è la sua casa, il luogo dove lo chiamano Cesare e dove resterà a vivere e a lavorare. La fine di questa storia, al di là di ciò che è accaduto, è una fine fisiologica. E adesso che gli occhi iniziano a scoprire il futuro, che la mano saluta il passato e le gambe oltrepassano il confine per ricominciare il viaggio, al cuore resta solo il tempo per una stretta di mano sincera, per un grazie reciproco e per due parole adolescenti che sono un coro della nostra vita: "Forza Fiorentina". Perché da qui si ricomincia. Sempre.
Benedetto Ferrara – Repubblica Firenze