Cookie Consent by Free Privacy Policy website potete riaprire "Il Papa la chiesa e la povertà..."??? - Pagina 11
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Discussione: potete riaprire "Il Papa la chiesa e la povertà..."???

  1. #201
    Fuoriclasse
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    Ti ho detto che non avresti capito perchè mi sembri particolarmente rigido, direi catechizzato, riguardo le tue posizioni. Le tue risposte alle mie affermazioni confermano quello che pensavo infatti hai travisato tutto, o quasi, quello che ho detto.
    Tutto cambia, sempre.

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  2. #202
    Eccellente L'avatar di baggia
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    Citazione Originariamente Scritto da Atta7 Visualizza Messaggio
    Ti ho detto che non avresti capito perchè mi sembri particolarmente rigido, direi catechizzato, riguardo le tue posizioni. Le tue risposte alle mie affermazioni confermano quello che pensavo infatti hai travisato tutto, o quasi, quello che ho detto.
    Se portare avanti le proprie idde è rigido...allora lo sei anche tu..catechizzato....si..dalla vita....
    Se ho travisato è forse perchè tu hai sbagliato a esprimerti? (è possibile?).....perciò ti dico che di certe cose sarebbe opportuno parlarne davanti a una perona fisica......

  3. #203
    ADMIN L'avatar di teppic
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    I conti della Chiesa ecco quanto ci costa

    di CURZIO MALTESE
    "Quando sono arrivato alla Cei, nel 1986, si trovavano a malapena i
    soldi per pagare gli stipendi di quattro impiegati". Camillo Ruini non
    esagera. A metà anni Ottanta le finanze vaticane sono una scatola vuota
    e nera. Un anno dopo l'arrivo di Ruini alla Cei, soltanto il passaporto
    vaticano salva il presidente dello Ior, monsignor Paul Marcinkus,
    dall'arresto per il crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. La
    crisi economica è la ragione per cui Giovanni Paolo II chiama a Roma il
    giovane vescovo di Reggio Emilia, allora noto alle cronache solo per
    aver celebrato il matrimonio di Flavia Franzoni e Romano Prodi, ma
    dotato di talento manageriale. Poche scelte si riveleranno più
    azzeccate. Nel "ventennio Ruini", segretario dall'86 e presidente dal
    '91, la Cei si è trasformata in una potenza economica, quindi mediatica
    e politica. In parallelo, il presidente dei vescovi ha assunto un ruolo
    centrale nel dibattito pubblico italiano e all'interno del Vaticano,
    come mai era avvenuto con i predecessori, fino a diventare il grande
    elettore di Benedetto XVI.
    Le ragioni dell'ascesa di Ruini sono legate all'intelligenza, alla
    ferrea volontà e alle straordinarie qualità di organizzatore del
    personaggio. Ma un'altra chiave per leggerne la parabola si chiama "otto
    per mille". Un fiume di soldi che comincia a fluire nelle casse della
    Cei dalla primavera del 1990, quando entra a regime il prelievo diretto
    sull'Irpef, e sfocia ormai nel mare di un miliardo di euro all'anno.
    Ruini ne è il dominus incontrastato. Tolte le spese automatiche come gli
    stipendi dei preti, è il presidente della conferenza episcopale,
    attraverso pochi fidati collaboratori, ad avere l'ultima parola su ogni
    singola spesa, dalla riparazione di una canonica alla costruzione di una
    missione in Africa agli investimenti immobiliari e finanziari.

    Dall'otto per mille, la voce più nota, parte l'inchiesta di Repubblica
    sul costo della chiesa cattolica per gli italiani. Il calcolo non è
    semplice, oltre che poco di moda. Assai meno di moda delle furenti
    diatribe sul costo della politica. Il "prezzo della casta" è ormai
    calcolato in quattro miliardi di euro all'anno. "Una mezza finanziaria"
    per "far mangiare il ceto politico". "L'equivalente di un Ponte sullo
    Stretto o di un Mose all'anno".

    Alla cifra dello scandalo, sbattuta in copertina da Il Mondo e altri
    giornali, sulla scia di La Casta di Rizzo e Stella e Il costo della
    democrazia di Salvi e Villone, si arriva sommando gli stipendi di 150
    mila eletti dal popolo, dai parlamentari europei all'ultimo consigliere
    di comunità montane, più i compensi dei quasi trecentomila consulenti,
    le spese per il funzionamento dei ministeri, le pensioni dei politici, i
    rimborsi elettorali, i finanziamenti ai giornali di partito, le auto blu
    e altri privilegi, compresi buvette e barbiere di Montecitorio.

    Per la par condicio bisognerebbe adottare al "costo della Chiesa" la
    stessa larghezza di vedute. Ma si arriverebbe a cifre faraoniche quanto
    approssimative, del genere strombazzato nei libelli e in certi siti
    anticlericali.

    Con più prudenza e realismo si può stabilire che la Chiesa cattolica
    costa in ogni caso ai contribuenti italiani almeno quanto il ceto
    politico. Oltre quattro miliardi di euro all'anno, tra finanziamenti
    diretti dello Stato e degli enti locali e mancato gettito fiscale. La
    prima voce comprende il miliardo di euro dell'otto per mille, i 650
    milioni per gli stipendi dei 22 mila insegnanti dell'ora di religione
    ("Un vecchio relitto concordatario che sarebbe da abolire",
    nell'opinione dello scrittore cattolico Vittorio Messori), altri 700
    milioni versati da Stato ed enti locali per le convenzioni su scuola e
    sanità. Poi c'è la voce variabile dei finanziamenti ai Grandi Eventi,
    dal Giubileo (3500 miliardi di lire) all'ultimo raduno di Loreto (2,5
    milioni di euro), per una media annua, nell'ultimo decennio, di 250
    milioni. A questi due miliardi 600 milioni di contributi diretti alla
    Chiesa occorre aggiungere il cumulo di vantaggi fiscali concessi al
    Vaticano, oggi al centro di un'inchiesta dell'Unione Europea per "aiuti
    di Stato". L'elenco è immenso, nazionale e locale. Sempre con prudenza
    si può valutare in una forbice fra 400 ai 700 milioni il mancato incasso
    per l'Ici (stime "non di mercato" dell'associazione dei Comuni), in 500
    milioni le esenzioni da Irap, Ires e altre imposte, in altri 600 milioni
    l'elusione fiscale legalizzata del mondo del turismo cattolico, che
    gestisce ogni anno da e per l'Italia un flusso di quaranta milioni di
    visitatori e pellegrini. Il totale supera i quattro miliardi all'anno,
    dunque una mezza finanziaria, un Ponte sullo Stretto o un Mose all'anno,
    più qualche decina di milioni.

    La Chiesa cattolica, non eletta dal popolo e non sottoposta a vincoli
    democratici, costa agli italiani come il sistema politico. Soltanto agli
    italiani, almeno in queste dimensioni. Non ai francesi, agli spagnoli,
    ai tedeschi, agli americani, che pure pagano come noi il "costo della
    democrazia", magari con migliori risultati.

    Si può obiettare che gli italiani sono più contenti di dare i soldi ai
    preti che non ai politici, infatti se ne lamentano assai meno. In parte
    perché forse non lo sanno. Il meccanismo dell'otto per mille sull'Irpef,
    studiato a metà anni Ottanta da un fiscalista all'epoca "di sinistra"
    come Giulio Tremonti, consulente del governo Craxi, assegna alla Chiesa
    cattolica anche le donazioni non espresse, su base percentuale. Il 60
    per cento dei contribuenti lascia in bianco la voce "otto per mille" ma
    grazie al 35 per cento che indica "Chiesa cattolica" fra le scelte
    ammesse (le altre sono Stato, Valdesi, Avventisti, Assemblee di Dio,
    Ebrei e Luterani), la Cei si accaparra quasi il 90 per cento del totale.
    Una mostruosità giuridica la definì già nell'84 sul Sole 24 Ore lo
    storico Piero Bellini.

    Ma pur considerando il meccanismo "facilitante" dell'otto per mille,
    rimane diffusa la convinzione che i soldi alla Chiesa siano ben
    destinati, con un ampio "ritorno sociale". Una mezza finanziaria,
    d'accordo, ma utile a ripagare il prezioso lavoro svolto dai sacerdoti
    sul territorio, la fatica quotidiana delle parrocchie nel tappare le
    falle sempre più evidenti del welfare, senza contare l'impegno nel Terzo
    Mondo. Tutti argomenti veri. Ma "quanto" veri?

    Fare i conti in tasca al Vaticano è impresa disperata. Ma per capire
    dove finiscono i soldi degli italiani sarà pur lecito citare come fonte
    insospettabile la stessa Cei e il suo bilancio annuo sull'otto per
    mille. Su cinque euro versati dai contribuenti, la conferenza dei
    vescovi dichiara di spenderne uno per interventi di carità in Italia e
    all'estero (rispettivamente 12 e 8 per cento del totale). Gli altri
    quattro euro servono all'autofinanziamento. Prelevato il 35 per cento
    del totale per pagare gli stipendi ai circa 39 mila sacerdoti italiani,
    rimane ogni anno mezzo miliardo di euro che il vertice Cei distribuisce
    all'interno della Chiesa a suo insindacabile parere e senza alcun serio
    controllo, sotto voci generiche come "esigenze di culto", "spese di
    catechesi", attività finanziarie e immobiliari. Senza contare l'altro
    paradosso: se al "voto" dell'otto per mille fosse applicato il quorum
    della metà, la Chiesa non vedrebbe mai un euro.

    Nella cultura cattolica, in misura ben maggiore che nelle timidissime
    culture liberali e di sinistra, è in corso da anni un coraggioso,
    doloroso e censuratissimo dibattito sul "come" le gerarchie vaticane
    usano il danaro dell'otto per mille "per troncare e sopire il dissenso
    nella Chiesa". Una delle testimonianze migliori è il pamphlet "Chiesa
    padrona" di Roberto Beretta, scrittore e giornalista dell'Avvenire, il
    quotidiano dei vescovi. Al capitolo "L'altra faccia dell'otto per
    mille", Beretta osserva: "Chi gestisce i danari dell'otto per mille ha
    conquistato un enorme potere, che pure ha importantissimi risvolti
    ecclesiali e teologici". Continua: "Quale vescovo per esempio - sapendo
    che poi dovrà ricorrere alla Cei per i soldi necessari a sistemare un
    seminario o a riparare la cattedrale - alzerà mai la mano in assemblea
    generale per contestare le posizioni della presidenza?". "E infatti -
    conclude l'autore - i soli che in Italia si permettono di parlare
    schiettamente sono alcuni dei vescovi emeriti, ovvero quelli ormai in
    pensione, che non hanno più niente da perdere...".

    A scorrere i resoconti dei convegni culturali e le pagine di "Chiesa
    padrona", rifiutato in blocco dall'editoria cattolica e non pervenuto
    nelle librerie religiose, si capisce che la critica al "dirigismo" e
    all'uso "ideologico" dell'otto per mille non è affatto nell'universo dei
    credenti. Non mancano naturalmente i "vescovi in pensione", da Carlo
    Maria Martini, ormai esiliato volontario a Gerusalemme, a Giuseppe
    Casale, ex arcivescovo di Foggia, che descrive così il nuovo corso: "I
    vescovi non parlano più, aspettano l'input dai vertici... Quando fanno
    le nomine vescovili consultano tutti, laici, preti, monsignori, e poi
    fanno quello che vogliono loro, cioè chiunque salvo il nome che è stato
    indicato". Il già citato Vittorio Messori ha lamentato più volte "il
    dirigismo", "il centralismo" e "lo strapotere raggiunto dalla burocrazia
    nella Chiesa". Alfredo Carlo Moro, giurista e fratello di Aldo, in uno
    degli ultimi interventi pubblici ha lanciato una sofferta accusa:
    "Assistiamo ormai a una carenza gravissima di discussione nella Chiesa,
    a un impressionante e clamoroso silenzio; delle riunioni della Cei si sa
    solo ciò che dichiara in principio il presidente; i teologi parlano solo
    quando sono perfettamente in linea, altrimenti tacciono".

    La Chiesa di vent'anni fa, quella in cui Camillo Ruini comincia la sua
    scalata, non ha i soldi per pagare gli impiegati della Cei, con le
    finanze scosse dagli scandali e svuotate dal sostegno a Solidarnosc. La
    cultura cattolica si sente derisa dall'egemonia di sinistra, ignorata
    dai giornali laici, espulsa dall'universo edonista delle tv commerciali,
    perfino ridotta in minoranza nella Rai riformata. Eppure è una Chiesa
    ancora viva, anzi vitalissima. Tanto pluralista da ospitare nel suo seno
    mille voci, dai teologi della liberazione agli ultra tradizionalisti
    seguaci di monsignor Lefebrve. Capace di riconoscere movimenti di massa,
    come Comunione e Liberazione, e di "scoprire" l'antimafia, con le omelie
    del cardinale Pappalardo, il lavoro di don Puglisi a Brancaccio,
    l'impegno di don Italo Calabrò contro la 'ndrangheta.
    Dopo vent'anni di "cura Ruini" la Chiesa all'apparenza scoppia di
    salute. È assai più ricca e potente e ascoltata a Palazzo, governa
    l'agenda dei media e influisce sull'intero quadro politico, da An a
    Rifondazione, non più soltanto su uno. Nelle apparizioni televisive il
    clero è secondo soltanto al ceto politico. Si vantano folle oceaniche ai
    raduni cattolici, la moltiplicazione dei santi e dei santuari, i record
    di audience delle fiction di tema religioso. Le voci di dissenso sono
    sparite. Eppure le chiese e le sagrestie si svuotano, la crisi di
    vocazioni ha ridotto in vent'anni i preti da 60 a 39 mila, i sacramenti
    religiosi come il matrimonio e il battesimo sono in diminuzione.

    Il clero è vittima dell'illusoria equazione mediatica "visibilità uguale
    consenso", come il suo gemello separato, il ceto politico. Nella vita
    reale rischia d'inverarsi la terribile profezia lanciata trent'anni fa
    da un teologo progressista: "La Chiesa sta divenendo per molti
    l'ostacolo principale alla fede. Non riescono più a vedere in essa altro
    che l'ambizione umana del potere, il piccolo teatro di uomini che, con
    la loro pretesa di amministrare il cristianesimo ufficiale, sembrano per
    lo più ostacolare il vero spirito del cristianesimo". Quel teologo si
    chiamava Joseph Ratzinger.
    Damn the soul of your dead ancestors


  4. #204
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    Citazione Originariamente Scritto da baggia Visualizza Messaggio
    Se portare avanti le proprie idde è rigido...allora lo sei anche tu..catechizzato....si..dalla vita....
    Se ho travisato è forse perchè tu hai sbagliato a esprimerti? (è possibile?).....perciò ti dico che di certe cose sarebbe opportuno parlarne davanti a una perona fisica......
    Non mi sento catechizzato. Sono sempre pronto al confronto. Ho letto la Bibbia anche per quello. Poi vedi tu.


    Il post di Teppic mi pare esaustivo.
    Ultima modifica di Atta7; 25-07-2008 alle 13:37
    Tutto cambia, sempre.

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  5. #205

  6. #206
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    Qui si comincia ad esagerare però...

    http://fabristol.wordpress.com/2008/...ner-censurati/

  7. #207
    Fuoriclasse
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    Se mi mettono ad attaccare anche i blog stiamo freschi...
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  8. #208
    Fuoriclasse L'avatar di vavar
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    Consiglierei la lettura de "La vera Questa" di Umberto Folena.
    Sarebbe anche bello che i giornalisti (non tutti per carità ma ormai la netta maggioranza, anche quelli più "famosi"), prima di scrivere, facessero dei doverosi controlli (vale sia per questo caso che per la valanga di false informazioni che quotidianamente ci propinano).

    Così almeno si potrebbero fare dibattiti con dati corretti e non con fantasiosi dati ideologici

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