Il DNA non lo cancelli :asd:
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Real Madrid, ecco le regole di Florentino
Fonte: repubblica.it
"Il quotidiano 'Marca' rivela l'esistenza di un documento in otto punti scritto dal direttore generale del Real Madrid, Jorge Valdano, su precise indicazioni del presidente Perez, e che presto sarà consegnato ai componenti della rosa. Si tratta di una sorta di 'otto comandamenti' stabiliti dalla dirigenza delle merengue. Eccoli: 1. Essere disponibili con i tifosi del club; 2. Rispettare l'allenatore e i dirigenti; 3. Compiere grandi sforzi e mostrare dedizione e sacrificio; 4. Essere sempre puntuali; 5. Evitare rischi per la salute; 6. Non uscire di notte; 7. Mostrarsi in forma, prendersi cura del proprio aspetto; 8. Collaborare col club e con i media."
la 7 è la più importante :suspi:
in pratica col 6 li invita a far venire le signorine a casa loro? :suspi:
Ecco...questo per quello che ne so io è una vaccata clamorosa...la responsabilità solidale è prevista unicamente nel caso di rescissione unilaterale del contratto da parte del giocatore.
Citazione:
E' interessante in particolare prendere al vaglio il mantenimento della stabilità contrattuale tra calciatore professionista e società cui il medesimo è legato.
In primis sovviene sul punto l'articolo 13 del Regolamento FIFA sul trasferimento dei calciatori, il quale statuisce che un contratto in essere tra un calciatore professionista e un club può terminare solo per decorrenza dei termini o mutuo consenso, vale a dire per mutuo accordo tra le parti.
Tuttavia, secondo l'articolo 14, un contratto può essere risolto dall'una o dall'altra parte senza conseguenze di alcun tipo (pagamento di indennità o irrogazione di sanzioni sportive) (solo) se sussiste una giusta causa. Legittimo domandarsi a questo punto quando si può parlare di giusta causa sportiva! (articoli 14 e 15 regolamento FIFA).
Ecco i casi:
- un professionista affermato - varie sono le interpretazioni sull'aggettivo "affermato", a seconda degli orientamenti- che nel corso della stagione, abbia preso parte a meno del 10% degli incontri ufficiali disputati dal proprio club può risolvere anticipatamente il proprio contratto per giusta causa sportiva;
- valutazione caso per caso, tenendo conto della situazione specifica del calciatore.
Nel caso in cui sussista una giusta causa sportiva, secondo gli estremi di cui sopra, ovviamente non si applicano sanzioni sportive, anche se può, tuttavia, essere fissata un'indennità monetaria.
Occorre tenere in debito conto che tale facoltà è esercitabile solo nei primi 15 giorni dopo la fine del Campionato, ossia nei quindici giorni successivi all'ultima Gara Ufficiale disputata dalla Società per la quale l'atleta è tesserato.
Legittime e giustificate perplessità potrebbero sorgere proprio in ordine all'eventuale possibilità di risolvere un contratto in essere qualora non sussista una giusta causa.
Partiamo dal presupposto che un contratto non può essere risolto unilateralmente nel corso di una stagione (articolo 16 regolamento FIFA), a meno che sussista la giusta causa di cui sopra. Ma se un calciatore decide di recedere unilateralmente dal contratto senza giusta causa va incontro - e non solo lui ma anche il club che lo induce a recedere, che poi è lo stesso club che lo acquisterà - a tutta una serie di obblighi ed incorre in responsabilità non irrilevanti.
Dovrà, difatti, innanzitutto sempre pagare un'indennità, il cui importo può essere fissato nel contratto o concordato tra le parti, ovvero è calcolato tenendo conto della specificità dello sport, della legge nazionale e di parametri oggettivi. Tali criteri comprendono, in particolare, la remunerazione ed altri benefici dovuti al calciatore ai sensi del contratto esistente e/o del nuovo contratto, il rimanente periodo di durata del contratto esistente fino ad un massimo di cinque anni, le indennità pagate e i costi sostenuti dalla società precedente (ammortizzati per la durata del contratto) e se la risoluzione del contratto è avvenuta o meno durante il periodo protetto. Il diritto a ricevere l'indennità non può essere trasferito a terzi; inoltre, vige il principio di responsabilità solidale del pagamento di indennità in capo al calciatore ed al nuovo club, pertanto, nel caso in cui il professionista debba pagare l'indennità ne risponderà in solido con la nuova società.
Oltre all'obbligo di pagare un'indennità, al calciatore colpevole di avere risolto il contratto durante il periodo protetto possono essere irrogate delle sanzioni sportive. La sanzione consiste nel divieto di giocare in Gare Ufficiali per un periodo di 4 mesi. Nel caso di circostanze aggravanti il periodo sarà esteso a 6 mesi. In ogni caso, queste sanzioni sportive entrano in vigore a partire dall'inizio della nuova stagione della nuova società.
Risoluzioni unilaterali senza giusta causa o senza giusta causa sportiva dopo il periodo protetto non saranno punite con sanzioni sportive. Misure disciplinari possono comunque essere imposte al di fuori del periodo protetto per il mancato preavviso (vale a dire entro 15 giorni dall'ultima gara della stagione).
Il periodo protetto comincia di nuovo a decorrere quando, con il rinnovo del contratto, viene prolungata la durata del contratto precedente.
Ovviamente, oltre al pagamento dell'indennità, sanzioni sportive possono essere irrogate nei confronti del club che ha tesserato il calciatore che ha rotto il contratto nel periodo protetto: si presume, a meno di evidenza contraria, che sussista la responsabilità del club nell'avere indotto la rottura. La sanzione consiste nel divieto di tesserare nuovi calciatori a livello nazionale ed internazionale per due periodi di tesseramento. E comunque tutti coloro che sono soggetti agli statuti ed ai regolamenti della FIFA - dirigenti di società, agenti dei calciatori, calciatori, ecc... - che agiscono in modo da indurre la risoluzione di un contratto fra un professionista ed una società, al fine di facilitarne il trasferimento, saranno sanzionati.
Ricapitolando, non è possibile recedere unilateralmente da un contratto, a meno che sussista una giusta causa sportiva, vale a dire, come già ribadito superiormente, solo quando un professionista affermato nel corso della stagione ha preso parte a meno del 10% degli incontri ufficiali disputati dal club e comunque il tutto viene valutato, sempre ai fini della sussistenza della giusta causa, caso per caso, tenendo conto della specifica situazione del calciatore. Il calciatore è tenuto, tuttavia, ad esercitare tale facoltà entro i 15 giorni successivi alla fine del campionato. Se il calciatore recede senza giusta causa incorrerà nel pagamento di un'indennità, calcolata secondo i parametri di cui sopra, e in eventuali sanzioni sportive - squalifica di quattro mesi da qualsiasi incontro ufficiale a decorrere dalla prima gara di campionato, squalifica di 6 mesi nei casi più gravi. La stessa cosa dicasi per il nuovo club che - si presume - ha indotto il calciatore alla rottura del contratto in essere: pagamento dell'indennità in solido con il calciatore e divieto di tesserare nuovi
calciatori per due periodi di tesseramento.
Bisogna considerare, altresì, che le sanzioni sportive, a differenza dell'indennità, sono applicabili solo se il recesso avviene nel periodo protetto. Si intende per tale il periodo comprendente i primi tre anni di contratto o i primi due per i calciatori over 28 anni. Nel caso di allungamento di un contratto, il periodo protetto decorre nuovamente. Interessante in tal senso è il noto caso "Mexes": il 23enne difensore francese che alla fine della stagione 2003/2004 decise di lasciare l'Auxerre (al terzo anno di contratto che scadeva nel 2006) per iniziare una nuova avventura con la maglia della Roma. Una scelta non proprio gradita alla società francese che diede inizio alla battaglia legale contro la società giallo rossa. Tutto cominciò nel dicembre 2002 quando l'agente del giocatore nel prolungamento di contratto con l'Auxerre fino al 2006 fece inserire una clausola secondo cui le parti convenivano che l'accordo complessivamente, ovvero a partire dal 1° luglio 2000 (decorrenza del primo contratto di Mexes), avrebbe obbedito ai nuovi regolamenti FIFA. Pertanto il periodo protetto, quello in cui il giocatore non avrebbe potuto rescindere il contratto, sarebbe scaduto il 30 giugno 2003 (un anno prima del suo acquisto da parte della Roma). Dopo una battaglia legale con l'Auxerre, il contratto venne omologato nell'agosto 2003 e Mexes, con il benestare della Lega Calcio Francese, riuscì ad ottenere l'inserimento di questa clausola sul contratto che, però, successivamente la FIFA invaliderà ritenendo che il periodo protetto sarebbe scaduto solo nel 2005.
Il 23 giugno 2004, poichè Baldini, allora direttore sportivo della Roma, non riuscì a trovare un accordo economico con l'Auxerre, la Camera dei Litigi della FIFA non si pronunciò sulla vicenda e demandò il caso alla Lega Calcio Francese, la quale il 12 luglio espresse parere sfavorevole alla concessione del transfer al giocatore perchè "Philippe Mexes è legato all'Auxerre fino
al 30 giugno 2006".
Il 12 agosto il Tas, Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna, intimò alla Fifa di deliberare sulla vicenda ed il giorno dopo il calciatore richiese al Tribunale in questione la concessione del transfer.
Il 31 agosto la Camera dei Litigi della Fifa ordinò alla Lega Calcio Francese di concedere il transfer a Mexes che, quindi, diventò a tutti gli effetti un giocatore della Roma. Il successivo 1° settembre, la Camera dei Litigi della Fifa squalificò Mexes per un mese e mezzo, a partire dal 12 settembre (data d'inizio del campionato), per rottura unilaterale del contratto e senza giusta causa. In tale ipotesi viene applicato l'articolo 17 del Regolamento FIFA sul recesso unilaterale senza giusta causa sportiva, con tutte le conseguenze a livello sanzionatorio che l'applicazione di tale norma comporta.
Il giocatore fece ricorso al Tas; intanto, andò avanti la parte del procedimento concernente l'eventuale indennizzo che la Roma avrebbe dovuto versare alla società francese e le eventuali responsabilità dirette della società giallorossa in ordine alla rottura unilaterale dell'accordo con l'Auxerre da parte di Mexes. Il 10 settembre il Tas sospese la squalifica di Mexes. Il 10 febbraio 2005 il Tas confermò la squalifica di un mese e mezzo inflitta dalla Fifa al giocatore francese.
Il successivo 10 giugno la Camera dei Litigi della Fifa stabilì che la Roma avrebbe dovuto versare 8 milioni alla società francese, la quale dal canto suo ne aveva chiesti 18, a titolo di indennizzo per il trasferimento di Mexes in giallorosso. Quest'ultimo insieme alla società di Sensi fecero ricorso al Tas al fine di ottenere la sospensione della sanzione.
Il successivo 30 giugno la Camera dei Litigi della Fifa ritenne che la Roma avesse indotto Mexes alla rottura del rapporto contrattuale in essere con l'Auxerre e le inflisse 12 mesi di blocco dei tesseramenti in entrata (due sessioni di mercato, quella estiva del 2005 e quella invernale del 2006).
Riguardo al mercato in uscita, la Roma poteva vendere solo per soldi, senza alcuna contropartita tecnica. Il 1° luglio la Roma presentò ricorso d'urgenza al Tas al fine di ottenere la sospensione della sanzione, sospensiva, tuttavia, non concessa dal Tas.
Il 22 luglio la Roma presentò ulteriore ricorso per riesaminare la mancata sospensiva e, nel frattempo, lavorò di concerto con la FIGC al fine di tesserare i quattro acquisti fin lì operati: Taddei, Kuffour, Nonda e Bovo. Il Tas stavolta accolse l'istanza e la società giallorossa ben potè
ricominciare a tesserare nuovi giocatori. Il 4 ottobre si diede il via all'udienza di merito innanzi al Tas: la richiesta dell'Auxerre era di ottenere 18 milioni dalla Roma, quest'ultima riteneva, viceversa, che il giocatore ne valesse "solo" 4,6.
Il Tas il 5 dicembre dello scorso anno ha reso nota la sentenza che ha condannato la Roma al blocco dei trasferimenti in entrata per una sessione di mercato e al pagamento a favore dell'Auxerre di 7 milioni di Euro.
Concludendo, occorre essere molto cauti prima di recedere unilateralmente da un contratto in essere soprattutto qualora si è nel periodo protetto, vale a dire nei primi tre anni di contratto o nei primi due per gli over 28, periodo che ricomincia a decorrere con il rinnovo contrattuale.
Le sanzioni, difatti, sono piuttosto elevate, per il calciatore - vedi la squalifica di Mexes - ma soprattutto per il nuovo club - vedi il divieto di tesserare nuovi calciatori imposto alla Roma e il pagamento di ben 7 milioni di euro. Per quanto concerne poi il pagamento dell'indennità, è quasi sempre la nuova società a farsene carico.
E' sempre di gran lunga preferibile che si addivenga ad un accordo transattivo tra tutte le parti coinvolte!
ma io non ho capito, ha rescisso lui, o il chelsea lo licenziò dopo che risultò positivo? :suspi:
ma scusatemi, se venne licenziato, daccordo che il chelesea non ne potè usufruire per tutta la squalifica (che al tempo, se non ho capito male, non si sapeva neanche di che durata potesse essere), ma come si può infliggere una multa del genere?
alla fine lui ha sbagliato, e ha pagato stando fermo, ma il club l'ha licenziato.....quindi come avrebbe potuto ripagarlo sul campo o con una cessione? :suspi:
a me sembra proprio una sentenza a buffo :sisi:
Non capisco per quale motivo in tutti gli altri casi di doping non si sia verificato nulla di simile, mentre per Mutu è successo tutto 'sto casino e ora il Chelsea pretende che sia Mutu a risarcire :suspi:.
è come se il palermo licenziasse carrozzieri, che poi tra un anno e mezzo va a giocare chessò al pergocrema, e diventa uno dei giocatori più forti del mondo (ipotesi molto remota)...
e poi chiede un risarcimento in 17000 litri di vino, e 3-4 mila prosciutti :sisi:
è stato licenziato giustamente perchè il suo comportamento ha influito negativamente sull'immagine della società, che giustamente ha preteso un risarcimento.
Detto questo IMHO 17 milioni sono una cifra spropositata, che pochi calciatori (o forse nessuno) si potrebbero permettere di pagare :sisi:
mah....allora pure la samp a flachi potrebbe chiedere un risarcimento? :suspi:
Il Chelsea ha comprato un "asset" (il giocatore Mutu).
Non ha potuto utilizzare questo asset perchè difettoso (sniffava).
Aveva tutto il diritto di rispedirlo al mittente e di chiedere un indennizzo.
Se poi invece le società italiane, quando uno è positivo all'antidoping preferiscono dire: "poverino... è colpa dello shampoo, della carne di cinghiale o delle zoccole", beh... questo è un problema loro.
Come al solito non capisco perchè i calciatori quando gli fa comodo usano la legislazione che si applica alle imprese (vedi legge Bosman e simili), quando non gli fa comodo no.
Ehm, la fonte? :p
Io non ne so nulla a riguardo eh, so solo che questa storia della responsabilità solidale è stata tirata fuori da una persona che mi sembrava affidabile, in quanto vicepresidente dell'associazione calciatori italiana e membro del consiglio di quella mondiale.
Insomma, non un giornalista fiorentino ecco :D
Beh, ma non era difettoso per sempre :D
Poteva aspettare 7 mesi (la squalifica) e lo avrebbe avuto di nuovo a disposizione...
Comunque sono fondamentalmente daccordo con una multa, anche salata, ma 17 milioni secondo me sono una cifra assolutamente fuori da ogni logica.
Il problema è proprio che lui non ce li ha, e che, almeno a suo dire, non li ha proprio mai guadagnati in tutta la sua carriera. Che vogliamo fare, lo arrestiamo? A quel punto la Fiorentina, che perde un suo "asset", come lo chiami tu, senza averne colpa, con chi si rifà? A chi chiede risarcimento? Alla FIFA? Al Chelsea?