ca det?
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ca det?
18.05 — Roma: concluso il vertice di mercato tra Luis Enrique e il ds Walter Sabatini. Luis Enrique sta continuando il giro attraverso gli impianti e le strutture di Trigoria: si è detto soddisfatto del centro sportivo. Nel frattempo ha insegnato un pò di italiano a Sabatini.
inviato con Stappalatopa
sonnnn tuttttt cazzatttt (cit.)
la mia sensazione è che Borriello parta... e che resti uno solo tra vucinic e menez... ma su quest'ultima non sarei troppo sicuro... i 2 sarebbero perfetti per il 4-3-3 mentre borriello lo vedo meno idoneo in quanto troppo finalizzatore e poco manovratore... però devo ammettere di non conoscere minimamente lo stile di luis miguel, pardon enrique... magari borriello è l'unico che gli interessa...
Il discorso però è anche economico... borriello la Roma lo deve pagare 10 e potrebbe anche rivenderlo a 11-12 senza grossi problemi... vucinic è costato 18, ma oggi quanto vale? Sicuramente meno... idem il francese... non credo possiamo permetterci minusvalenze e nemmeno accettare gli scarti della juve o delle altre squadre italiane...
Novara in Serie A :eek:
:Pippa::Pippa:
bravo sensibile, ora portaci pure noi :D
intanto...nonostante tutto...anche la juve avrà il suo derby l'anno prossimo :asd:
BARI - «Io ero il finanziatore delle scommesse di Bellavista? Sciocchezze. Io per lui le scommesse le piazzavo. E l’ostinazione nel seguire le sue “dritte” mi ha causato preso soltanto fregature». Nella sua vita da imprenditore Nicola De Tullio è uno dei ristoratori più avviati e famosi di Bari, ed ha gestito e gestisce alcune agenzie del bookmaker greco Intralot. Ma nella vicenda delle scommesse viene tirato in ballo come «Nico», ovvero uno dei contatti dell’ex capitano biancorosso finito in carcere a Cremona. Nico («Amico di calciatori, generali e gente di strada, perché nel mio mestiere di ristoratore non puoi discriminare») non è indagato e su di lui non c’è alcuna inchiesta, anche se il suo nome è stato accostato a persone accusate di connivenze con il clan Parisi: Francesco Martiradonna, figlio di Vito, bookmaker a Londra e di recente condannato a 12 anni per droga: «Francesco - dice De Tullio - per me è come un fratello. Non posso rinnegarlo. Ma conduciamo due vite distinte. E il presunto interesse dei clan per le scommesse è pura fantasia».
Cominciamo da qui. La procura di Cremona scrive che Antonio Bellavista scommette «soldi non suoi», e sospetta che quei soldi possano venire dai clan. Di più: dice che i 30.000 euro per truccare Taranto-Benevento venivano da lei. È vero o no?
«Io sono, anzi ero, il “piazzatore” delle scommesse di Bellavista. Lui chiamava me perché io sono bravo, diciamo pure bravissimo, in quello che faccio».
E cosa fa esattamente?
«Diciamo che lei vuole giocare 10.000 euro sulla X di Benevento-Pisa. Ci provi in una agenzia Snai: se va bene ne uscirà con una ricevuta da 500 euro, non di più».
Qui entra in gioco lei.
«Sì. Tramite le mie conoscenze, usando prevalentemente siti esteri, sono in grado di effettuare giocate di quegli importi. Per questo Bellavista mi chiamava, e sicuramente chiamava tanti altri come me».
D’accordo. Ma quei famosi 30.000 euro?
«Non ricordo quell’episodio né quella partita. Ma posso dire che i 30.000 euro di cui si parla potevano essere, al massimo, i proventi di una vincita che ha ritirato».
Quanti soldi giocava lei per conto di Bellavista?
«Mi chiamava per piazzare scommesse grosse. Sempre a copponi, a credito. Ed è stata la mia rovina. Diciamo che lui giocava 40-50 mila euro, io giocavo magari 10 per me, e altri 10 per qualche altro mio amico: sono gli amici di cui parlo nelle telefonate con lui, e non sono altro che le persone con cui condivido la passione per le scommesse. Per andare dietro a Bellavista ho preso un sacco di fregature, tanto che a un certo punto tra gli addetti ai lavori ero diventato una barzelletta. La realtà è che con le sue dritte Bellavista non ci prendeva mai. Quando vinceva, i soldi li voleva immediatamente. Ma una volta per pagarmi ci ha messo due mesi e mezzo. Con lui i rapporti sono andati avanti da Natale a fine marzo, più o meno. Appena sono riuscito a tornare in pari, con lui ho chiuso».
Bellavista le ha mai proposto di scommettere sulla famosa Inter-Lecce, la gara che Paoloni millantava di aver truccato?
«Che io ricordi no».
E su partite del Bari? Nelle intercettazioni ce ne sono tre.
«No. Da quello che si diceva in giro, con il Bari il “marcio” aveva sempre il problema del portiere. A Bari c’è Gillet che è un grande professionista, per cui quel “marcio” è stato sempre allontanato».
È possibile, secondo lei, che le agenzie di scommesse possano costituire un canale di riciclaggio del denaro dei clan?
«È impossibile. Questo perché non esiste una vincita sicura al 100%. E l’agenzia di scommesse lavora a provvigione. Per poter riciclare il denaro, il clan dovrebbe essere il bookmaker, non lo scommettitore. Una cosa un po’ più grossa».
Ecco, a proposito. Lei è citato negli atti dell’inchiesta Domino per aver prestato la sua Vespa a Francesco Martiradonna, figlio di Vito, che ha gestito per anni il bookmaker inglese Paradisebet. Cosa può dire al proposito?
«Io e Francesco siamo nati nello stesso quartiere. Andavamo a scuola all’istituto Santa Teresa, via Davide Lopez, dalle suore (mostra alcune vecchie foto di classe, ndr), siamo come fratelli e non potrò mai allontanarlo. Francesco è nel mondo delle scommesse, e solo nel mondo delle scommesse, dal 1980. Lui ha vissuto per anni in Inghilterra, dove ha ottenuto la licenza per aprire il bookmaker Paradisebet. Quando tornava a Bari, mi chiedeva di prestargli la macchina e la moto».
Lei come è entrato nel mondo delle scommesse?
«Alcuni anni fa la Intralot cercava concessionari per aprire i punti che aveva vinto qui a Bari e io mi sono fatto avanti. Pensavo che avrei fatto il colpo del secolo, invece ho sbagliato i calcoli. Ma negli anni sono diventato molto abile nel piazzare le scommesse».
Conosce il portiere Paoloni, o Bettarini?
«Mai conosciuti».
Ed ha mai avuto contatti con esponenti del clan Parisi?
«C’è un episodio avvenuto alla luce del sole, e lo racconto perché non ho nulla da nascondere. Nel periodo in cui stavo aprendo le agenzie Intralot, Savino Parisi uscì dal carcere e venne a mangiare nel mio ristorante. Io non lo avevo mai visto prima. Si presentò, era una persona distinta ed educata, e mi chiese se fosse possibile prendere una licenza su Bari da intestare al figlio Tommaso. Abbiamo provato per mesi ad ottenere il nulla osta della questura, che non è stato concesso nonostante Tommaso fosse incensurato. E la cosa è finita lì».
Signor De Tullio, lei non ha nulla a che fare con l’inchiesta di Cremona e nemmeno - per quanto risulta - con le indagini di alcuna altra procura d’Italia. Però ha letto il suo nome sui giornali accostato alla cricca delle scommesse. Come si sente?
«Sento di avere la coscienza pulita e sono pronto a dimostrarlo in qualunque sede. Ma per quello che è stato scritto sui giornali sento di dover chiedere scusa a mia moglie. Lei mi ha sempre tenuto lontano dai guai, e il male che le ho fatto è davvero tanto»
probabilmente mi arriveranno gli sputi degli altri romanisti ma io Vucinic non lo darei mai via..
certo se lui volesse veramente andar via mi piangerebbe il cuore :cry:
per quanto è stato fischiato lo scorso anno mi meraviglierei se Vucinic volesse restare a tutti i costi