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Visualizza Versione Completa : [Geopolitica] Intrigo internazionale e funghi atomici su Teheran. Alta tensione



francamdar
23-09-2009, 05:01
articolo di giulietto chiesa,

sulla strana relazione tra i misteri del dirottamento della Arctic Sea, il gravissimo incidente nella base militare di Tambov in russia e il viaggio lampo di netanyahu a mosca

molto interessante

http://www.megachipdue.info/component/content/article/42-in-evidenza/668-intrigo-internazionale-e-funghi-atomici-su-teheran-alta-tensione.html



notizia ripresa anche da gianluca freda su bloggete

http://blogghete.blog.dada.net/archivi/2009-09-20

francamdar
23-09-2009, 18:17
se cercassero di colpire l'Iran"






DI JAKE TAPPER
ABC News

Il consigliere per la sicurezza nazionale dell'ex presidente Jimmy Carter, Zbigniew Brzezinski, ha rilasciato un'intervista al “The Daily Beast” (http://www.thedailybeast.com/blogs-and-stories/2009-09-18/how-obama-flubbed-his-missile-message/) in cui suggerisce che il Presidente Obama dovrebbe dire chiaramente a Israele che se tentassero di attaccare i siti delle armi [sic] nucleari iraniane la U.S. Air Force dovrebbe fermarli.

“Non siamo esattamente dei piccoli bimbi impotenti”, ha detto Brzezinski. “Dovrebbero volare sul nostro spazio aereo in Iraq. Dovremmo sederci a guardare?... Dobbiamo essere seri sulla questione di negare loro tale diritto. Ciò significa un rifiuto, e non solo a parole. Se tentassero il sorvolo, decolli e li affronti. Hanno la scelta di tornare indietro o no. Nessuno lo desidera, ma potrebbe essere un caso 'Liberty' al contrario.” La USS Liberty era una nave di ricerche tecniche della U.S. Navy che la Israeli Air Force attaccò per sbaglio durante la guerra dei Sei Giorni nel 1967 .

Brzezinski appoggiò la campagna presidenziale dell'allora senatore Obama nell'Agosto 2007, cosa che venne presentata dai media come una forte spinta alle credenziali in politica estera di Obama. Il Washington Post scrisse: “Barack Obama, impegnato a combattere la percezione che egli sia troppo giovane e inesperto per gestire un mondo pericoloso, ha ricevuto ieri una forte spinta da un modello di eminenza della politica estera, Zbigniew Brzezinski.”

Brzezinski non è mai stato ufficialmente un consulente della campagna elettorale, ma i repubblicani si gettarono contro la sua investitura per spingere l'idea che Obama non sarebbe stato un amico di Israele, dato che le idee di Brzezinski su Israele hanno attratto critiche da alcuni settori della comunità ebraica americana.
(http://www.nysun.com/national/dershowitz-obama-should-repudiate-brzezinski/62439/)
“Brzezinski non è un consigliere della campagna elettorale” disse allora l'ex ambasciatore Dennis Ross, consulente anziano per gli affari mediorientali della campagna di Obama. (http://njjewishnews.com/njjn.com/100208/njObamaAdvisor.html) “Viene sparsa molta disinformazione, ma non è un consigliere della campagna elettorale. Brzezinski è uscito allo scoperto e ha appoggiato subito Obama a causa della guerra in Iraq. Un anno fa o giù di lì si sono parlati un paio di volte. Tutto qui, e il senatore Obama ha chiarito che su altre questioni mediorientali non prende a modello Brzezinski. Non hanno le stesse idee.”

Brzezinski non ricopre ruoli nell'amministrazione Obama; la Casa Bianca non ha prontamente risposto a una richiesta di commenti.

I commenti di Brzezinski giungono la stessa settimana in cui la Casa Bianca ha preso le distanze dai commenti dell'ex presidente Carter (http://blogs.abcnews.com/politicalpunch/2009/09/wh-president-obama-disagrees-with-former-president-carter-that-most-animosity-towards-obama-is-raceb.html), che ha detto di credere che “una soverchiante parte della forte animosità dimostrata nei confronti del presidente Barack Obama è basata sul fatto che è un uomo di colore”.

AGGIORNAMENTO: il presidente russo Dmitriy Medvedev ha detto alla CNN che il presidente israeliano Shimon Peres gli ha assicurato che Israele non attaccherà l'Iran.

“E' la cosa peggiore che si possa immaginare”, ha detto Medvedev. “Cosa accadrebbe poi? Una catastrofe umanitaria, un grande numero di rifugiati. E l'Iran vorrebbe vendetta, e non solo contro Israele, ma anche contro altri paesi. Gli eventi nella regione diventerebbero completamente imprevedibili. Penso che l'entità di tale catastrofe non sarebbe paragonabile a null'altro. Perciò, prima di prendere la decisione di lanciare qualunque attacco, bisogna considerare appieno la situazione. Sarebbe il modo più irrazionale di affrontare la questione. Ma i miei colleghi israeliani mi hanno detto che non stanno pianificando una cosa simile. E io credo loro.”

[I]Titolo originale: "Obama Should Attack Israeli Jets if They Try to Attack Iran: Zbigniew Brzezinski: "

Fonte: http://blogs.abcnews.com
Link
20.09.2009

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ALCENERO

Ale 9
23-09-2009, 18:25
MILANO - «La minaccia è grave, urgente e crescente: se non agiremo rischiamo di consegnare alle future generazioni una catastrofe irreversibile». Il presidente americano Barack Obama lancia l'allarme sul futuro del pianeta da New York, dove è in corso il summit dell'Onu sul clima: «Il tempo rimasto per correre ai ripari sta per scadere. La sicurezza e la stabilità di tutte le nazioni e di tutti i popoli sono a rischio». Obama non nasconde che un nuovo accordo sul clima, anche se possibile, «non sarà facile». «Non ci facciamo illusioni, la parte più dura del lavoro resta ancora da fare in vista di Copenaghen - ha detto il presidente americano -. Anche gli Stati Uniti hanno fatto poco, ma questo è un nuovo giorno, questa è una nuova era e posso dire con orgoglio che gli Stati Uniti hanno fatto di più per l’energia pulita e per ridurre le emissioni inquinanti in atmosfera negli ultimi otto mesi che in qualsiasi altro periodo della storia». Quindi ha invitato anche i Paesi emergenti coma la Cina e l'India «a fare la loro parte, adottando misure vigorose».

HU: «RIDUZIONE CO2» - E proprio la Cina, come atteso, ha lanciato un segnale positivo. Il presidente Hu Jintao ha detto che il Paese intende ridurre le emissioni di anidride carbonica per ogni unità di prodotto nazionale lordo di un «margine notevole» entro il 2020. Davanti a una platea di oltre cento leader mondiali, Hu ha precisato che il suo governo sta portando avanti enormi sforzi e che continuerà ad agire «con determinazione»: ha parlato di un importante aumento della superficie boschiva, di tecnologie eco-sostenibili e di un aumento del 15% della quota di energia non fossile nel totale del consumo grazie a uno «sviluppo vigoroso» delle energie rinnovabili e nucleare. Ad oggi la Cina è considerata il Paese maggiormente responsabile dell'inquinamento globale dell'atmosfera assieme agli Usa: ai due Paesi è riconducibile il 40% delle emissioni di Co2. Il primo ministro giapponese Yukio Hatoyama, dicendosi in totale accordo con il «Green New Deal» di Obama, ha ricordato che il suo Paese intende ridurre del 25% le emissioni di gas serra entro il 2020.

BAN KI-MOON - L'incontro al Palazzo di Vetro è stato aperto dal segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, che ha rimproverato la comunità internazionale per la «lentezza glaciale» dei negoziati verso un nuovo trattato che sostituisca il protocollo di Kyoto nel 2013. «Abbiamo meno di dieci anni per evitare gli scenari peggiori - ha detto Ban di ritorno da una missione al Polo Nord -. Sull'Artico i ghiacci potrebbero sparire entro il 2030 e le conseguenze sarebbero sentite dai popoli di ogni continente». Il cambiamento climatico colpisce soprattutto i Paesi meno sviluppati e in particolare l'Africa, dove «il cambiamento climatico minaccia di cancellare anni di sviluppo, destabilizzando Stati e rovesciando governi». Ban ha lanciato un appello ai Paesi industrializzati, invitandoli «a fare il primo passo», perché così «altri adotteranno misure audaci». Il nuovo trattato deve includere «obiettivi per la riduzione di emissioni entro il 2020 e supporto finanziario e tecnologico» ai Paesi in via di sviluppo. Un fallimento alla conferenza sul clima di Copenaghen di dicembre, ha concluso, sarebbe «moralmente ingiustificabile, economicamente miope e politicamente avventato».

PAM: «FAME IN AUMENTO» - Anche il Programma alimentare mondiale dell'Onu si è unito all'appello del segretario generale. «Il cambiamento climatico riguarda tutti noi. Ogni giorno al Pam osserviamo gli effetti dei danni che la fame, causata dagli eventi atmosferici, infligge alle persone che ricevono il nostro aiuto. Ogni giorno assistiamo persone colpite da siccità e inondazioni - dichiara il direttore esecutivo Josette Sheeran -. Sulla scia della crisi finanziaria e di quella alimentare, la fame causata dagli eventi atmosferici sta ora colpendo senza tregua le comunità povere e affamate. L'Obiettivo di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite per sconfiggere la fame è quello a maggior rischio. Esso sta perdendo terreno, con 150 milioni di nuovi affamati negli ultimi due anni».



Tanto poi non fanno niente come al solito.....

francamdar
23-09-2009, 19:02
[.....]
@ ale

gli articoli sono molto interessanti,

ma non mi sembra che il cambiamento climatico c'entri molto con i misteri
dell'Artic Sea, degli incidenti di Tambov e del viaggio "fuori agenda" di Netanyahu in russia,
in relazione ad una possibile crisi Iraniana

Ale 9
23-09-2009, 23:06
@ ale

gli articoli sono molto interessanti,

ma non mi sembra che il cambiamento climatico c'entri molto con i misteri
dell'Artic Sea, degli incidenti di Tambov e del viaggio "fuori agenda" di Netanyahu in russia,
in relazione ad una possibile crisi Iraniana

Il titolo è anche geopolitica e visto che non c' è un 3d per parlarne d'ora in poi sarà questo :sisi:

Mi sembra giusto, non credi? ;)

Se non va bene chiedo ai Mod se se ne può creare un altro per parlare di Geo politica in generale :sisi:

francamdar
24-09-2009, 15:01
Iran attack: Israel ex-min sees end-yr deadline
http://www.reuters.com/article/GCA-Iran/idUSTRE58F2WG20090916

Ketamina
24-09-2009, 15:09
Non molto rassicurante. :-o

tarallucci&vino
24-09-2009, 16:21
articolo di giulietto chiesa,

sulla strana relazione tra i misteri del dirottamento della Arctic Sea, il gravissimo incidente nella base militare di Tambov in russia e il viaggio lampo di netanyahu a mosca

molto interessante

http://www.megachipdue.info/component/content/article/42-in-evidenza/668-intrigo-internazionale-e-funghi-atomici-su-teheran-alta-tensione.html



notizia ripresa anche da gianluca freda su bloggete

http://blogghete.blog.dada.net/archivi/2009-09-20

scusa, ma a me sembra una notizia che non si regge, per tutta una serie di motivi.

Sostanzialmente, Israele ha già un arsenale di almeno 100 testate nucleari, per cui non si capisce bene che bisogno abbia di imbastire un attacco del genere per rubare 3 testate, peraltro tattiche e quindi di potenza relativamente "bassa". Tra l'altro un eventuale attacco di Israele all'Iran sarebbe finalizzato all'eliminazione dell'eventuale potenziale nucleare iraniano, per cui probabilmente seguirebbe le modalità dell'attacco del 1981 al reattore di osirak in iraq e del gennaio di quest'anno in sudan, cioè quelle di un raid mirato, con armi convenzionali e condotto su obiettivi militari e industriali specificamente individuati.

Se fossi israele non vedrei l'opportunità di far brillare funghi atomici su teheran; in quel caso sarei sicuro di avere attacchi di ritorsione da parte di gran parte degli stati arabi e di perdere il sostegno da parte del mondo occidentale, sarebbe una condanna definitiva allo stato di israele.

Questo come ottica generale... poi tutto l'articolo di chiesa è pieno di ipotesi non verificate e oltre i limiti del fantascientifico, ad esempio l'ipotesi che tutta una delegazione israeliana, premier compreso, viaggi in incognito in russia, senza presentazione e con un piano di volo fasullo, richiedendo cambi di destinazione in volo...

l'articolo di gianluca freda è totalmente assurdo, vittima soprattutto di preconcetti anti-israele dell'autore e basato su ipotesi complottistiche inverosimili.

l'articolo di reuters è sicuramente il più lucido e riprende una tesi che avevo già letto sull'economist un paio di mesi fa, basata sull'ipotesi che entro gli inizi del prossimo anno il programma nucleare iraniano potesse diventare operativo e quindi un eventuale attacco sarebbe stato impossibile per timore di una risposta non convenzionale. E' comunque un ipotesi non verificata, ma che potrebbe essere utilizzata comunque dai vertici israeliani come scusa per un eventuale attacco.

francamdar
24-09-2009, 20:45
scusa, ma a me sembra una notizia che non si regge, per tutta una serie di motivi.in effetti l'intervento è pieno di lacune (confermato dall'autore stesso che parla di notizie ufficiose - non dimentichiamo comunque che Giulietto Chiesa* é membro del club di discussione Valdai -circolo di dibattito internazionale organizzato da Ria Novosti-)


Sostanzialmente, Israele ha già un arsenale di almeno 100 testate nucleari, per cui non si capisce bene che bisogno abbia di imbastire un attacco del genere per rubare 3 testate, peraltro tattiche e quindi di potenza relativamente "bassa".infatti questo é un interrogativo inquietante
Tra l'altro un eventuale attacco di Israele all'Iran sarebbe finalizzato all'eliminazione dell'eventuale potenziale nucleare iraniano, per cui probabilmente seguirebbe le modalità dell'attacco del 1981 al reattore di osirak in iraq e del gennaio di quest'anno in sudan, cioè quelle di un raid mirato, con armi convenzionali e condotto su obiettivi militari e industriali specificamente individuati. si dovrebbe fare un distinguo: parliamo di israele? di mossad? di schegge impazzite?
capisci quanto cambia lo scenario a seconda degli interpreti e della catena di controllo e comando dell'operazione?


Se fossi israele non vedrei l'opportunità di far brillare funghi atomici su teheran; in quel caso sarei sicuro di avere attacchi di ritorsione da parte di gran parte degli stati arabi e di perdere il sostegno da parte del mondo occidentale, sarebbe una condanna definitiva allo stato di israele.e se le tre testate fossero servite appunto per dare ad Israele un alibi forte? Israele non teme condanne, risoluzioni onu, rapporti internazionali sulle violazioni dei diritti umani; almeno fino ad ora non glien'é mai importato nulla.


Questo come ottica generale... poi tutto l'articolo di chiesa è pieno di ipotesi non verificate e oltre i limiti del fantascientifico, ad esempio l'ipotesi che tutta una delegazione israeliana, premier compreso, viaggi in incognito in russia, senza presentazione e con un piano di volo fasullo, richiedendo cambi di destinazione in volo... non ha nulla di fantascientifico, anzi fantascientifico sarebbe pensare che un capo di stato passi inosservato


l'articolo di gianluca freda è totalmente assurdo, vittima soprattutto di preconcetti anti-israele dell'autore e basato su ipotesi complottistiche inverosimili.concordo: ll'articolo di freda sembra solo una copia malriuscita di quello di Chiesa


l'articolo di reuters è sicuramente il più lucido e riprende una tesi che avevo già letto sull'economist un paio di mesi fa, basata sull'ipotesi che entro gli inizi del prossimo anno il programma nucleare iraniano potesse diventare operativo e quindi un eventuale attacco sarebbe stato impossibile per timore di una risposta non convenzionale. E' comunque un ipotesi non verificata, ma che potrebbe essere utilizzata comunque dai vertici israeliani come scusa per un eventuale attacco.

la parte nodale non mi sembra l'articolo ma le dichiarazioni dell'ex vice ministro della difesa israeliano


Giulietto Chiesa (http://www.giuliettochiesa.it/modules.php?name=Content&pa=showpage&pid=2) é voce autorevole a riguardo della Russia


Nel 1989-1990 e' "fellow" del Wilson Center, Kennan Institute for Advanced Russian Studies, di Washington. Conferenze in quindici università e istituti di ricerca americani, Dipartimento di Stato, Rand Corporation etc.
Nel 1990 entra alla Stampa, ancora come corrispondente da Mosca, e rimane in Russia fino alla fine del 2000.

Durante il periodo moscovita ha collaborato intensamente con Radio Liberty. Attualmente e' editorialista e commentatore politico dello stesso giornale, ma scrive anche come notista e commentatore per il Manifesto e altri giornali e riviste italiane italiane. Collabora saltuariamente con diversi giornali e riviste europei russi e americani. Ha collaborato con quasi tutte le testate televisive italiane, con Radio Svizzera Internazionale, con Radio Vaticana, con la BBC in lingua russa, i canali televisivi russi ORT, RTR e NTV , e con Deutsche Welle.

In Russia ha tenuto per diversi anni una rubrica fissa sul settimanale dei circoli imprenditoriali Kompania. Ha scritto diversi libri, molti in tema di storia, cronaca e reportage sull'Unione Sovietica e sulla Russia. Il suo primo libro risale però ai primi mesi di giornalismo attivo, ancora in italia. E3 la ricostruzione del fallito tentativo di recupero degli ostaggi americani nell'ambasciata di Teheran del 1979: "Operazione Teheran" (De Donato, Bari 1980). Successivamente, già dal posto di corrispondenza moscovita, scrisse "L'Urss che cambia" (Editori Riuniti, Roma 1987) con lo storico allora dissidente russo Roy Medvedev. Questo libro venne tradotto in lingua portoghese nel 1988. Ancora in forma di dialogo con Medvedev usci' nel 1990, per i tipi di Garzanti, "La rivoluzione di Gorbaciov", che venne pubblicata anche negli Stati Uniti, con il titolo "Time of Change" (Pantheon Books, 1990) e poi in Giappone.
[...]
Ha collaborato ripetutamente con la rivista di geopolitica, Limes. Attualmente collabora stabilmente o saltuariamente con altri giornali russi: Literaturnaja Gazeta, Delovoi Vtornik , Moskovskie Novosti, Itogi.

tarallucci&vino
24-09-2009, 23:08
infatti questo é un interrogativo inquietante si dovrebbe fare un distinguo: parliamo di israele? di mossad? di schegge impazzite?
capisci quanto cambia lo scenario a seconda degli interpreti e della catena di controllo e comando dell'operazione?

non sono sicuro dell'eventuale esistenza di schegge impazzite nella catena di comando di israele, anzi mi sembra che ci sia una compattezza di governo. Ovviamente non ho approfondito il governo di Israele e magari mi sbaglio, ma il punto è che comunque lo stesso vertice di governo ha dimostrato di non avere remore a compiere azioni particolarmente cruente, per cui, schegge impazzite o meno, si può dare per possibile il realizzarsi di uno scenario violento.


e se le tre testate fossero servite appunto per dare ad Israele un alibi forte? Israele non teme condanne, risoluzioni onu, rapporti internazionali sulle violazioni dei diritti umani; almeno fino ad ora non glien'é mai importato nulla.

Israele in realtà non teme condanne fino a che ha un "supporto implicito" da parte della comunità internazionale. Non dico che gli USA siano fan delle azioni di Israele, però potrebbero trarre vantaggio da un'eventuale azione di Israele. La distruzione dei centri di arricchimento dell'uranio in un raid israeliano darebbe a Obama capra e cavoli: rimanderebbe il problema della ricerca nucelare iraniana di diversi anni, forse anche oltre un suo eventuale secondo mandato, e gli darebbe comunque un'opportunità di dissociarsi o condannare l'eventuale raid distruttivo di israele.

D'altronde quello che dicevo anche sopra, è che israele non ha mai avuto nessun problema nell'attuare raid punitivi. Vedi ad esempio quello in sudan di quest'anno, del quale peraltro non hanno ancora dato una conferma ufficiale, anche se troppi indizi portano a loro. Il punto secondo me è: hanno una reale convenienza a compiere un attacco nucleare? E secondo me no, per una serie di motivi:
- legittimerebbe una risposta con armi nucleari o comunque di distruzione di massa nei confronti di israele;
- l'impatto mediatico di un simile gesto farebbe perdere ad israele il supporto dei principali alleati, UE e USA;
- E' sproporzionato: se l'obiettivo è fermare i centri di produzione di uranio arricchito, una serie di raid con bombe convenzionali sono sufficienti.

D'altronde, anche ammesso che israele decida di usare armi nucleari, perché andare a caccia di vecchi missili russi, rimasti sott'acqua per anni e in viaggio verso gli USA? Mi sembra veramente voler mettere le mani nude in un vespaio per una manciata di miele.

Comunque avevo cercato info su Chiesa e Freda, infatti Chiesa dovrebbe avere una conoscenza approfondita della russia. Io in effetti mi riferivo più che altro alle troppe ipotesi che avevo intravisto nell'articolo. Freda invece non mi sembra attendibile.

Resta di fondo il rischio vero: che Israele, in disaccordo con le ultime posizioni del governo USA, continui a ritenere il programma iraniano in uno stato avanzato e decida di intervenire prima che sia troppo tardi per farlo.

francamdar
03-10-2009, 18:13
Scott Ritter (http://it.wikipedia.org/wiki/Scott_Ritter): l'Iran è da considerare leale


Prefazione all'articolo di Pino Cabras
Il pensiero unico dell'Occidente si è scatenato. Il solenne Obama che vuole rendere obsolete le armi nucleari rivela altrettanto solennemente che invece l'Iran fa rapidi passi avanti per averle. Si sono distinti nei toni allarmistici contro Teheran i titoli e gli editoriali de «la Repubblica».



E anche il neonato «Il Fatto Quotidiano», sebbene dica di staccarsi dal “pensiero unico”, ha presto rivelato il suo punto debole: ossia l'imbarazzante povertà delle sue pagine internazionali, troppo pigre e apologetiche, incapaci di una critica basata sui fatti nei confronti della complessa politica obamiana.



Perciò vi proponiamo un documento di straordinaria lucidità. È l'articolo scritto per «The Guardian» da Scott Ritter, l'uomo che tra il 1991 e il 1998 fu il capo degli ispettori Onu in Iraq. Ritter è uno dei massimi esperti in materia di controllo delle armi nucleari, ed è anche il personaggio che, appena nel 2003 iniziò l'invasione dell'Iraq, ebbe a dire profeticamente: «gli Stati Uniti se ne andranno dall'Iraq con la coda tra le gambe, sconfitti. È una guerra che non possiamo vincere».



Nessun organo d'informazione ha dato sufficiente risalto alle attuali ponderate considerazioni di Ritter sull'Iran, che nulla concedono, come è suo costume, alla propaganda – e agli errori – di quelli che battono la grancassa delle sanzioni. Ricordiamo che gli stessi meccanismi di allarme che oggi sono a carico del regime iraniano furono acriticamente usati al tempo dell'inizio della campagna irachena. Oggi come allora le pagine internazionali sono un guazzabuglio di allarmi atomici gonfiati, di esagerazioni su voci inattendibili di Bin Laden e altre armi psicologiche che creano un clima di paura e di distrazione (e nessuno così si lamenta se il G20 non fa nulla contro gli squali dell'alta finanza).

Ezio Mauro, Antonio Padellaro: il giornalismo d'inchiesta dovrebbe essere usato anche fuori da questi confini nazionali. Passate le Alpi, ve la danno a bere. La lettura di Ritter è un buon antidoto.

L'articolo di Scott Ritter (http://it.wikipedia.org/wiki/Scott_Ritter) con il link all'originale (http://www.guardian.co.uk/commentisfree/cifamerica/2009/sep/25/iran-secret-nuclear-plant-inspections)

Keeping Iran honest

di Scott Ritter – «The Guardian» (http://www.guardian.co.uk)



La centrale nucleare segreta dell'Iran innescherà un nuovo ciclo di ispezioni dell'AIEA e porterà a un periodo di ancora maggiore trasparenza.



È stato davvero un momento di alta drammaticità. Barack Obama, fresco reduce dal suo cimentarsi a fare la storia nell'ospitare il Consiglio di Sicurezza dell'Onu, si è preso una pausa dalle sue funzioni al vertice economico del G20 a Pittsburgh per annunciare l'esistenza di un impianto nucleare segreto e non notificato in Iran, che non risultava coerente con un programma nucleare a scopi pacifici, sottolineando la conclusione che «l'Iran sta violando le regole che tutti i paesi devono seguire».



Obama, appoggiato da Gordon Brown e Nicolas Sarkozy, ha minacciato dure sanzioni contro l'Iran qualora non si conformasse pienamente ai suoi obblighi riguardanti il controllo internazionale del suo programma nucleare, che al momento attuale sta per essere definito da parte di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia come l'obbligo di sospensione immediata di tutte le attività di arricchimento nucleare.



La struttura in questione, che si rivela sia localizzata presso una installazione militare segreta iraniana fuori dalla città santa di Qom e in grado di ospitare fino a 3mila centrifughe, usate per arricchire l'uranio, è stata per qualche tempo controllata dai servizi di intelligence degli Stati Uniti e altre nazioni. Ma non è stato che lunedi che l'AIEA è venuta a sapere della sua esistenza, basandosi non su un qualsiasi "scoop" d'intelligence fornito dagli USA, ma proprio su una spontanea notificazione da parte dell'Iran. Le azioni dell'Iran hanno forzato la mano degli Stati Uniti, spingendo Obama all'affrettata conferenza stampa di venerdì mattina.



Attenzione alle campagne mediatiche con motivazioni politiche. Mentre in superficie l'intervento drammatico di Obama sembrava sensato, il diavolo si nasconde sempre nei dettagli. Le "regole" che l'Iran è accusato di aver violato non sono vaghe, bensì scandite in termini chiari. Ai sensi dell'articolo 42 dell'accordo di salvaguardia dell'Iran, e del Codice 3.1 della parte generale degli accordi sussidiari (altresì noto come il "protocollo aggiuntivo") di tale accordo, l'Iran ha l'obbligo di informare l'AIEA di qualsiasi decisione volta a costruire un impianto che ospiti centrifughe operative, e di fornire informazioni sul progetto preliminare di tale impianto, anche se il materiale nucleare non fosse stato introdotto. Questo avvierebbe un processo di accesso complementare e di ispezioni di verifica della progettazione da parte dell'AIEA.



Questo accordo è stato firmato dall'Iran nel dicembre del 2004. Tuttavia, poiché il "protocollo aggiuntivo" non è stato ratificato dal parlamento iraniano, e come tale non è giuridicamente vincolante, l'Iran ha interpretato la sua attuazione come su base volontaria, e pertanto ha accettato di rispettare queste nuove misure, più come misura di rafforzamento della fiducia che in qualità di un obbligo inderogabile.



Nel marzo del 2007, l'Iran ha sospeso l'applicazione del testo modificato del codice 3.1 della Parte generale degli accordi sussidiari riguardanti la rapida fornitura delle informazioni sui progetti. In questa maniera, l'Iran stava ritornando alle sue condizioni giuridicamente vincolanti dell'accordo di salvaguardia originario, che non richiedevano la dichiarazione iniziale sugli impianti con capacità nucleare prima dell'introduzione di materiale nucleare.



Anche se questa azione risulta comprensibilmente irritante per l'AIEA e per quegli Stati membri che desiderano una piena trasparenza da parte dell'Iran, non si può parlare in termini assoluti di violazioni da parte dell'Iran dei suoi obblighi derivanti dal trattato sulla non-proliferazione nucleare. Così, quando Obama ha annunciato che «l'Iran sta le regolviolando le regole che devono seguire tutte le nazioni», è in errore sia dal punto di vista tecnico sia da quello giuridico.



Ci sono molti modi di interpretare la decisione dell'Iran del marzo 2007, soprattutto alla luce delle rivelazioni di oggi. Occorre sottolineare che l'impianto di Qom cui si riferisce Obama non è un impianto per armi nucleari, ma semplicemente una centrale nucleare di arricchimento simile a quella che si trova nell'impianto notificato (e ispezionato) di Natanz.



L'impianto di Qom, se le descrizioni attuali sono accurate, non può produrre stock-base di alimentazione (esafluoruro di uranio, o UF6) utilizzato nel processo di arricchimento basato sulla centrifuga. Si tratta semplicemente di un altro impianto in cui l'UF6 può essere arricchito.



Perché è importante questa distinzione? Perché l'AIEA ha sottolineato, continuamente, che possiede un resoconto completo delle scorte di materiale nucleare dell'Iran. Non c'è stata alcuna diversione di materiale nucleare per l'impianto di Qom (dal momento che è in fase di costruzione). L'esistenza del presunto impianto di arricchimento di Qom non cambia in alcun modo il bilancio dei materiali nucleari presenti oggi all'interno dell'Iran.



In parole povere, l'Iran non è più vicino a produrre ipotetiche armi nucleari oggi di quanto non lo fosse prima dell'annuncio di Obama sulla struttura di Qom.



Si potrebbe adoperare l'argomento secondo cui l'esistenza di questo nuovo impianto dota l'Iran di una capacità di "autonomo sganciamento" nel produrre uranio altamente arricchito che potrebbe essere utilizzato nella fabbricazione di una bomba nucleare in una qualche fase successiva. La dimensione della struttura di Qom, sospettata di essere in grado di ospitare 3mila centrifughe, non è ideale per attività di arricchimento su larga scala necessarie a produrre quantità significative di uranio bassamente arricchito di cui l'Iran avrebbe bisogno per far funzionare i suoi reattori nucleari in progetto. In tal senso, si potrebbe sostenere che il suo unico vero scopo sia quello di riciclare rapidamente delle scorte di uranio bassamente arricchito in uranio altamente arricchito utilizzabile in un'arma nucleare. Il fatto che si riferisce che l'impianto di Qom sia situato dentro un'installazione militare iraniana non fa che rafforzare questo tipo di pensiero.

Ma questa interpretazione richiederebbe comunque la diversione di notevoli quantità di materiale nucleare fuori dal controllo degli ispettori dell'AIEA, qualcosa che sarebbe quasi immediatamente evidente. Qualsiasi deviazione significativa di materiale nucleare sarebbe una causa immediata di allarme, e ciò provocherebbe un'energica reazione internazionale, che includerebbe molto probabilmente un'azione militare contro la totalità delle infrastrutture nucleari iraniane conosciute.



Allo stesso modo, le 3mila centrifughe dell'impianto di Qom, anche quando iniziassero con il 5% delle scorte di uranio arricchito, dovrebbero operare per mesi prima di essere in grado di produrre abbastanza uranio altamente arricchito per un singolo dispositivo nucleare. In tutta franchezza, questo non costituisce una valida capacità di " autonomo sganciamento".



L'Iran, nella sua notificazione dell'impianto di arricchimento di Qom all'AIEA resa il 21 settembre, lo ha descritto come un “impianto pilota”. Dato che l'Iran ha già un "impianto pilota di arricchimento" in funzione presso la struttura notificata di Natanz, questa evidente duplicazione dello sforzo va nella direzione tanto di un programma parallelo di arricchimento nucleare a conduzione militare volto agli scopi più scellerati, quanto, più probabilmente, di un tentativo da parte dell'Iran di fornire profondità strategica e capacità di sopravvivenza al suo programma nucleare, a fronte di ripetute minacce di bombardare le infrastrutture nucleari pronunciate da USA e Israele.



Non dimenticate mai che gli scommettitori sportivi, davano 2:1 probabilità che Israele o gli Stati Uniti avrebbero bombardato gli impianti nucleari dell'Iran entro marzo 2007. Dopo aver l'asciato l'incarico, l'ex vice-presidente Dick Cheney ha ammesso che stava spingendo fortemente per un attacco militare contro l'Iran durante il periodo dell'amministrazione Bush. E il livello di retorica proveniente da Israele circa la sua intenzione di lanciare un attacco militare preventivo contro l'Iran è stato allarmante.



Mentre Obama potrebbe aver inviato segnali concilianti verso l'Iran in merito alla possibilità di riavvicinamento a seguito della sua elezione, nel novembre 2008, questo non era l'ambiente fronteggiato dall'Iran, quando aveva preso la decisione di ritirarsi dal suo impegno a notificare ogni nuovo impianto nucleare in costruzione . La necessità di creare un meccanismo di sopravvivenza economica di fronte alla minaccia reale di azione militare sia degli Stati Uniti sia di Israele è probabilmente la spiegazione più probabile che sta dietro la struttura di Qom.



La notificazione dell'Iran di questa struttura all'AIEA, che precede di diversi giorni l'annuncio di Obama, probabilmente è un riconoscimento da parte dell'Iran che questa duplicazione degli sforzi non è più rappresentativa di una politica avveduta da parte sua.



In ogni caso, l'impianto è ora fuori dalle ombre, e presto sarà sottoposto ad una vasta gamma di ispezioni dell'AIEA, rendendo discutibili le speculazioni circa le intenzioni nucleari dell'Iran. Inoltre l'Iran, nel notificare questa struttura, deve sapere che - poiché ha presumibilmente collocato delle centrifughe operative nell'impianto di Qom (anche se non è stato introdotto materiale nucleare) - ci sarà la necessità di fornire all'AIEA il pieno accesso alla capacità di produzione di centrifughe dell'Iran, in modo che un bilancio materiale possa essere acquisito per queste voci allo stesso modo.



Anziché rappresentare la punta di un iceberg in termini di scoperta di una segreta capacità di armi nucleari, l'emergere dell'esistenza dell'impianto di arricchimento di Qom potrebbe benissimo segnare l'avvio di un periodo di maggiore trasparenza da parte dell'Iran, che porti alla sua la piena adozione e attuazione del Protocollo aggiuntivo AIEA. Questo, più di ogni altra cosa, dovrebbe essere il risultato auspicato della "notificazione di Qom".



Gli appelli per sanzioni"paralizzanti" contro l'Iran da parte di Obama e Brown non sono certo le opzioni politiche più produttive a disposizione di questi due leader mondiali. Entrambi hanno espresso il desiderio di rafforzare il trattato di non-proliferazione nucleare.

L'azione dell'Iran, nel dichiarare l'esistenza della struttura di Qom, ha creato una finestra di opportunità per fare proprio questo, e dovrebbe essere sfruttata appieno nel quadro dei negoziati e delle ispezioni dell'AIEA, e non più per le spacconate e le minacce dei leader del mondo occidentale.


Link:http://www.guardian.co.uk/commentisfree/cifamerica/2009/sep/25/iran-secret-nuclear-plant-inspections

francamdar
03-10-2009, 18:22
L'occidente verso una "ritirata fatale", impossibile attaccare l'Iran
Di Giancarlo Chetoni - da cpeurasia.org (http://cpeurasia.org)
I "successi" della Nato sono ormai solamente di facciata. L'Occidente frana sotto il peso dei "fronti" che apre e che non sa più come gestire.



Usa ed Europa tornano minacciosamente a ringhiare contro l’Iran, ma i due cani da guardia sono sempre più eticamente fradici, a corto di consenso politico ‘fresco’ e scossi da un fremito incoercibile. Quello della decadenza industriale, finanziaria e militare.

Il vertice dell’Aquila, con il suo strascico di passerelle e di gossip per “vip” ha messo in luce i limiti ormai incolmabili di credibilità e di capacità politica dei “grandi” ad affrontare e risolvere con equità i nodi strutturali, dalla gestione dell’habitat alla redistribuzione della ricchezza, che si stanno affacciando a livello planetario sulla scena del XXI° secolo.

Il G8 si è dovuto forzatamente trasformare in G 20.

Il tentativo disperato di coinvolgere i Paesi Emergenti in un partenariato che garantisca la conservazione dei vecchi equilibri di potere è destinato, in ogni caso, alla sopravvivenza, se non al fallimento. Più Stati si tenta di coinvolgere nei “summit”, più emergono i contrasti tra Paesi fondatori ed Associati che minano alla radice gli obiettivi “comuni” delle risoluzioni adottate.

Il vecchio imperialismo yankee e quello nuovo di UE e Nato, che straziarono a morsi la gola di Serbia e Kosovo, a dieci anni dalla caduta del muro di Berlino e dalla successiva ‘implosione dell’Urss’, segnano ormai rovinosamente il passo ovunque abbiano aperto un fronte di guerra, organizzato nuove aggressioni mascherate da “rivoluzioni colorate” o da interventi “umanitari”.

Gli oneri derivanti dal tappare le falle a livello planetario si stanno dimostrando sempre più costosi ed inefficaci.

Il bilancio reale del Pentagono è di 890,8 miliardi di dollari, che con gli impegni correnti per i programmi di armamento, ad ultimazione avvenuta, saliranno a 1.587 miliardi di dollari. Quello Nato sfiora i 320 miliardi di euro.

L’Occidente sta diluendo un po’ alla volta la sua forza e la sua capacità di intervento “globale”.

I successi rivendicati da Sheffer e Rasmussen sono, a ben vedere, più facciata che sostanza. Una facciata che punta a nascondere le clamorose crepe che si sono aperte nella Nato sul fronte dell’Egeo e del Mediterraneo Orientale.

Con Paesi come Albania, Croazia, Macedonia e Montenegro, per restare ai Balcani, non si va da nessuna parte. Si allarga solo l’onere degli “aiuti” a fondo perduto. Un esempio: all’Albania, nel 2008, la Nato ha fornito 57 milioni di dollari di solo materiale militare.

In Afghanistan, al West Rac di Herat, accanto ai rangers Usa e ai parà della Folgore, ci sono “combat ready” trenta (30) albanesi. Il conto del “soggiorno” non lo paga Tirana ma l’Alleanza Atlantica, in questo caso Isaf-Italia.

Che Barack Obama, Sarkozy, Brown, Merkel o Berlusconi facciano la voce grossa contro “Stati Canaglia” come Corea del Nord e Iran non produce ormai più gli stessi effetti di “solidarietà internazionale” che resero possibili le aggressioni del 1991 e del 2003 all’Iraq e del 2001 all’Afghanistan.

America Latina, Vicino Oriente e Asia stanno scappando per la tangente dalla trappola del dominio culturale, economico e militare di Stati Uniti ed Europa.

Bric, Sco e Mercosur fanno ormai da punti focali di attrazione. Un multilateralismo in piena salute ed espansione scuote con crescente successo le fondamenta egemoniche, anche commerciali ed industriali, di Usa ed Europa.Gli approvvigionamenti di materie prime e di energia a costi irrisori per l’Occidente sono ormai sempre più problematici.

Fattore che ne alimenta l’aggressività a livello planetario e ne usura la struttura militare e finanziaria. Un circolo vizioso.

La conquista con il danaro, la corruzione e le lusinghe delle classi dirigenti ex comuniste, se da una parte hanno permesso alla propaganda di Usa ed Europa di accreditare qualche iniziale successo geopolitico, dall’altra ne ha rivelato nel tempo i crescenti limiti di “aggregazione”.

La conquista dei “governi” ormai non garantisce all’Occidente una tenuta politica, economica e militare permanente sui popoli di quell’immenso territorio che va dal Baltico al Caucaso.

Un arco allungato di “instabilità” sta lentamente tirando via, una ad una, le bandierine piantate dall’Occidente nei territori ex comunisti di Europa e Asia. La Russia sta scardinando un po’ alla volta, con la costruzione di una rete di oleo-gasdotti e con il suo potere di commercializzazione delle immense risorse energetiche di cui dispone, l'influenza acquisita dall'Occidente nell'Europa dell'Est tenendo peraltro sotto tiro l' UE.

I Paesi dell’Est già appartenenti al blocco sovietico, dopo una breve fiammata di crescita economica e sociale, finanziata da istituti pubblici e privati, dalla BCE e dalla Banca Mondiale con l’abbassamento della qualità di vita dei lavoratori europei, sono oggi alle prese con una crisi senza precedenti che si manifesta, dalla Lituania all’Ucraina, dall’Ungheria alla Moldavia, con scontri di piazza e oceaniche manifestazioni di protesta davanti ai parlamenti nazionali con morti e feriti, ripetuti default, una feroce deindustrializzazione, una disoccupazione da capogiro e un drammatico calo del potere d’acquisto di settori sempre più vasti delle popolazioni residenti.

Mentre Putin alimenta silenziosamente il cerchio di fuoco che costringe Israele ha rivedere i suoi piani in Medio Oriente, l’Iran, messo sotto pressione da Usa e Europa, minacciato da sanzioni unilaterali sempre più aggressive, rivendicando a giusta ragione il suo pieno diritto allo sviluppo dell’energia nucleare a scopi civili, è costretto a flettere i muscoli.

Muscoli difensivi poderosi capaci di scoraggiare l’aggressività di Usa, Alleati e Israele, lasciando da parte l'influenza politica di Teheran che va dall'Afghnistan, passando per il Caucaso, al Libano.

Non è un affermazione iperbolica. È la semplice realtà.

Teheran ha una difesa missilistica antiaerea, anticruise e antimissile (parziale), per limitarci al solo settore terra-aria, di enorme efficacia per numero di vettori, superiore per 1.000 kmq a quella della stessa Russia.

Gli esperti militari indipendenti stimano ad oltre 8.500 i missili terra-aria su rampe di lancio mobili a disposizione di Teheran, con un portata dai 3.7 degli RBS 70 ai 120 degli S 300 pm 1 e i 300 km degli Sa 300 pm 2 Favorit.

Ogni esemplare ha capacità potenziale di abbattere un jet intrusore anche se la distruzione del cacciabombardiere è affidata a batterie di missili terra-aria compatibili per contrasto e abbattimento ad una quota di avvicinamento che potrebbe oscillare da 300 a 16-18.000 mt, anche se appare totalmente irrealizzabile, nelle attuali condizioni politiche, un sorvolo della Heil Ha’avir degli spazi aerei di Arabia Saudita, Giordania, Iraq, Siria e Turchia senza provocare allerta radar, intercettazioni, scontri aerei e lancio di missili terra-aria.Le uniche eccezioni su piattaforma fissa sono gli S 200-Sa 5 ottimizzati Ghareb con una gittata di 250 km e gli Sa 2-Hq 2 ottimizzati Sayyad 1 e 1 A con portata di 50 km.

La sola artiglieria contraerea in postazioni fisse (poche) e mobili in calibro dal 12.7 al 100 mm conta più di 3.000 bocche di fuoco a tiro rapido, che si posizionerebbero in tempo utile sulle direttrici di attacco degli F 16 ed F 15.

Israele possiede per una “missione suicida” al principale degli impianti atomici dell’Iran, escluso Busher, posizionati in caverna o tunnel sotterranei fortemente induriti, non più di 110 F 16 I (sufa) e 15-20 F 15 I, la prima intera linea di attacco della Heil Ha’avir.

Una flotta aerea che sarebbe gravata da serbatoi supplementari di carburante, da armamento di attacco e difesa al limite del carico, con perdita di velocità e consumo straordinario di carburante, da piena visibilità ai radar e da amplissimo preallarme, senza mettere nel conto il contrasto aereo della caccia di Teheran e il lancio di missili aria-aria senza poter disporre di velivoli Awacs. Naturalmente lasciando da parte la Siria, i suoi Su 27 e Mig 31, la rete di avvistamento satellitare, quella radar, la ECM del Kolcuga, il pattugliamento aereo degli Iran 140, dei potenti intercettori F 14 armati di 6 Phoenix da mach 4 e una portata di 180 km e… il resto, per brevità di esposizione.

Insomm, Ahmadinejad può dormire sogni non tranquilli, ma tranquillissimi. Un attacco convenzionale “israeliano”, anche con il via libera di Barack Obama per l’attraversamento dell’Iraq è totalmente irrealizzabile. Un attacco nucleare tattico con i Gerico 3 porterebbe o al disarmo di “Gerusalemme” o alla sua dissoluzione anticipata.

L’unica strada percorribile per l’ Occidente è quella delle sanzioni che coinvolgano la cosiddetta “Comunità Internazionale”. A Washington e nelle capitali della Vecchia Europa si sa perfettamente che quelle dell’Onu sono impossibili da ottenere per il veto di Russia e Cina.

Link: http://cpeurasia.org/?read=34723

Ale 9
04-10-2009, 20:45
A proposito di Iran...


ROMA (3 ottobre) - Il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad sarebbe di origini ebraiche. Proprio lui, l'uomo che più volte ha negato l'Olocausto e che considera Israele il nemico numero uno, causa del terrorismo internazionale. A rivelarlo il Daily Telegraph.
La prova sarebbe la carta d'indentità che il presidente ha mostrato in una foto durante le ultime elezioni presidenziali quelle contestate da manifestazioni di piazza duramente represse con la violenza e con arresti arbitrari.

«Un ingrandimento del documento - si legge sul sito - rivela che egli in precedenza si chiamava Sabourjian, nome ebraico che significa tessitore. La fotodimostrerebbe quindi che la famiglia del presidente ha «chiaramente origini ebraiche». SI tratterebbe di una «breve nota scarabocchiata sulla carta che indica che la sua famiglia ha cambiato nome in Ahmadinejad quando si convertì all'Islam» dopo la nascita dell'attuale presidente iraniano. Secondi esperti di ebraismo iraniano il suffisso «jian» di «Sabourjian» dimostra che la sua famiglia era addirittura di «ebrei praticanti». Il

Così si spiegherebbe la ragione dell'odio del presidente per Israele. Secondo Ali Nourizadeh, del Centro studi arabi e iraniani di Londra, le sue origini spiegherebbero l'odo che prova verso gli ebrei. «Ogni famiglia che si converte a una religione diversa - ha spiegato -assume una nuova identità condannando la propria vecchia fede».

I Sabourjian, aggiunge il Telegraph, provengono tradizionalmente da Aradan, luogo di nascita del leader iraniano, ed il loro cognome «compare addirittura nella lista dei nomi riservati agli ebrei iraniani compilata dal Ministero dell'Interno».

Il giornale riferisce che Ahmadinejad non ha negato un cambiamento del nome della propria famiglia quando arrivò a Teheran negli anni Cinquanta ma non ha mai rivelato quale fosse il cognome originario glissando sul tema anche durante il «dibattito presidenziale» di quest'anno trasmesso in tv. Un blogger, Mehdi Khazali, è stato arrestato l'estate scorsa per aver chiesto un'indagine sulle radici di Ahmadinejad.


Roba da matti :eek:

francamdar
26-10-2009, 14:58
interessante

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